5 arresti al Clan di Palazzo Adriano per estorsione

Il clan, oltre a richiedere il pagamento di denaro, imponeva agli imprenditori anche l’utilizzo di manodopera e l’acquisto di materiale da imprenditori da loro indicati. 5 arresti nell'operazione "Grande Passo"

5 arresti al Clan di Palazzo Adriano per estorsione

I carabinieri del gruppo di Monreale, coordinato dal colonnello Pierluigi Solazzo, hanno proveduto a sgominare un’organizzazione che costringeva le imprese che effettuavano appalti pubblici nel corleonese a pagare il pizzo. L’operazione è andata avanti senza l’aiuto delle vittime che hanno subito intimidazioni; i carabinieri sono riusciti a identificare 5 persone che facevano capo a questa organizzazione, che opprimeva diversi imprenditori che lavoravano per un buon mantenimento delle strade nel territorio.

A coordinare l’indagine la Dda, che ha permesso di individuare con precisione ruoli e funzioni dei capi appartenenti al clan. Attraverso un costante servizio di osservazione e pedinamento è stato possibile l’inserimento della famiglia mafiosa di Palazzo Adriano all’interno del mandamento mafioso di Corleone. Sono state dunque accertati diversi episodi di pagamento che, nella maggioranza dei casi, sono stati eseguiti con la percentuale del 3% dell’importo totale del lavoro da eseguire. In alcune di queste operazioni gli associati, oltre a richiedere denaro, hanno anche obbligato gli imprenditori di utilizzare manodopera consigliata da loro e acquistare materie prime presso imprenditori di loro fiducia. 

Tra i metodi coercitivi utilizzati per convincere i malcapitati, l’organizzazione utilizzava il classico metodo intimidatorio della bottiglia incendiaria e spesso danneggiavano i cantieri degli imprenditori con furti e scassi, in prossimità dell’apertura dei lavori, per indurli a pagare le somme richieste. Dalle indagini è emerso anche che quella famiglia raccoglieva il denaro ricavato dalle estorsioni all’interno della cassa comune, gestita dal capo famiglia Pietro Paolo Masaracchia. Le somme erano destinate a finanziare criminali e serviva anche a rimpinguare le tasche degli appartenenti al clan.

In carcere sono finiti Antonino Di Marco, impiegato comunale e anche custode del campo sportivo di Corleone e Pietro Paolo Masaracchia, considerato a tutti gli effetti il capomafia di Palazzo Adriano. A finire agli arresti anche Nicola Parrino, Franco e Pasqualino D’Ugo. Di Marco è il fratello di Vincenzo, che per tanti anni è stato l’autista di Ninetta Bagarella, moglie del boss Totò Riina.

La verità sull’intreccio dell’organizzazione è saltata fuori grazie alle intercettazioni rilevate dall’ufficio di Di Marco, che era sotto controllo all’insaputa dei mafiosi. Nel suo ufficio si parlava di estorsioni, di affari, di appalti e anche di campagne elettorali. I mandati di cattura sono stati emessi  nei confronti di sei persone, disposti dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Sergio Demontis, Caterina Malagoli e dal procuratore reggente Leonardo Agueci. Grazie alle microspie l’attività è emersa nei particolari, ed è stato rivelato anche come l’organizzazione sia stata partecipe nell’elezione dell’attuale sindaco di Palazzo Adriano, Carmelo Cuccia. Anche per un esponente dell’Udc, Nino Dina, attuale presidente della commissione Bilancio dell’Assemblea regionale siciliana, è stata accertata la stessa cosa, e i carabinieri che hanno seguito Di Marco lo hanno visto introdursi nella segreteria politica del deputato, che si trova a Palermo.

Continua a leggere su Fidelity News