Detenuto evade dal carcere di Milano Opera, fuga rocambolesca tra sbarre segate e lenzuola annodate

L’episodio avvenuto a Milano Opera mette nuovamente in luce le fragilità strutturali e organizzative del sistema penitenziario italiano, dove carenze croniche e risorse limitate continuano a incidere sulla sicurezza e sulla gestione quotidiana delle strutture.

Detenuto evade dal carcere di Milano Opera, fuga rocambolesca tra sbarre segate e lenzuola annodate

La notte tra il 6 e il 7 dicembre ha visto un episodio che ha riportato l’attenzione sulle fragilità strutturali del sistema penitenziario italiano. Un uomo di 41 anni, ristretto nel carcere di Milano Opera, è riuscito a lasciare la struttura dopo aver segato le sbarre della finestra della sua cella e aver utilizzato lenzuola annodate per calarsi all’esterno.

Una modalità che richiama dinamiche da film e che ha subito attivato le ricerche da parte della Polizia penitenziaria e delle altre forze dell’ordine, impegnate in queste ore nel tentativo di rintracciarlo. Secondo quanto riferito dal sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria, la persona coinvolta non sarebbe nuova a episodi analoghi. Fonti interne ricordano altri tentativi riusciti nel passato, compreso quello del 2013 nella casa circondariale di Parma.

Un profilo dunque già noto per la capacità di sfruttare punti deboli nei sistemi di controllo, elemento che aiuta a comprendere la portata di un’evasione che riaccende interrogativi sulla tenuta complessiva degli istituti di pena. Il racconto della dinamica, ancora in corso di verifica, descrive una fuga condotta con freddezza.

Dopo aver creato un varco nella finestra, l’uomo avrebbe raggiunto il perimetro esterno, ma resta da chiarire come abbia superato la cinta muraria e se qualcuno lo abbia atteso all’esterno. Gli accertamenti investigativi procedono su più fronti, mentre il segretario della Uilpa, Gennarino De Fazio, sottolinea come questo episodio si inserisca in un quadro già segnato da carenze strutturali, difficoltà organizzative e un sovraffollamento che, secondo i dati del sindacato, a Opera avrebbe raggiunto numeri molto elevati.

La situazione del penitenziario, evidenzia De Fazio, appare da tempo complessa. L’istituto ospita un numero di persone ristrette ben superiore ai posti disponibili, mentre il personale sarebbe numericamente insufficiente rispetto alle necessità operative. Questa combinazione produce condizioni critiche che incidono sia sull’operatività quotidiana degli agenti, spesso impegnati in turni particolarmente onerosi, sia sulla gestione interna.

L’episodio della fuga diventa così la manifestazione di un problema più ampio, che richiede soluzioni strutturali e non soltanto interventi temporanei. A livello nazionale il quadro non è diverso: le strutture soffrono carenze di organico, spazi insufficienti e un deficit di risorse che rallenta i progetti di ammodernamento.

Per questo, il sindacato chiede un piano complessivo che includa investimenti sulle tecnologie, sull’assistenza sanitaria, sulle infrastrutture e sulle unità operative, affinché episodi come quello di Milano Opera non diventino un segnale ricorrente. L’evasione, oltre al clamore mediatico, ripropone un interrogativo centrale: quanto il sistema penitenziario italiano sia oggi in grado di garantire sicurezza, tutela delle persone ristrette e condizioni lavorative adeguate agli operatori. L’attesa è ora rivolta all’esito delle ricerche e alle eventuali decisioni istituzionali che potrebbero seguire, con la speranza che quanto accaduto rappresenti l’occasione per affrontare finalmente criticità note da tempo.

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