Famiglia nel bosco anche in Toscana: bambini allontanati tra grida d’aiuto e criticità nella scuola parentale

A Caprese Michelangelo due bambini sono stati allontanati dai genitori per irregolarità nella scuola parentale e mancata collaborazione con i servizi sociali, suscitando dibattito sulla libertà educativa e il ruolo dello Stato nella tutela dei minori.

Famiglia nel bosco anche in Toscana: bambini allontanati tra grida d’aiuto e criticità nella scuola parentale

Il dibattito sulla libertà educativa dei genitori e sul ruolo dello Stato nella tutela dei minori si arricchisce di un nuovo caso, questa volta in Toscana, che richiama alla mente la vicenda della famiglia di Palmoli, in Abruzzo. Due bambini, di 4 e 8 anni, sono stati allontanati dai genitori a Caprese Michelangelo, in provincia di Arezzo, a seguito di un intervento congiunto di carabinieri, assistenti sociali e personale del Tribunale per i minorenni di Firenze.

Il più piccolo è stato portato via in pigiama e senza scarpe, mentre le invocazioni d’aiuto echeggiavano tra gli alberi del bosco dove la famiglia viveva isolata, secondo quanto riportato da La Verità. La coppia, Harald, perito elettronico originario di Bolzano, e Nadia, di origine bielorussa, ha denunciato l’operazione come sproporzionata e ha raccontato di non avere più notizie dei figli da 47 giorni.

I due appartengono a un gruppo denominato “Uomo vivo, donna viva”, che rifiuta apertamente l’autorità esterna e promuove una vita il più possibile autonoma e lontana dalle istituzioni. La scelta di vivere in un casolare isolato e di ricorrere all’istruzione parentale per i propri figli si inserisce quindi in un contesto di convinzioni profonde, ma che ha sollevato problemi di regolarità e sicurezza secondo quanto segnalato nel decreto di allontanamento firmato dal Tribunale dei minori.

Tra le irregolarità indicate dagli organi giudiziari, spiccano la mancata iscrizione dei bambini a una procedura ufficiale di scuola parentale e la totale assenza di collaborazione con i servizi sociali, in particolare per quanto riguarda i controlli sanitari e le verifiche previste dalla legge. La situazione, quindi, non riguarda un rifiuto della scuola in sé, ma una non conformità alle norme che garantiscono la tutela dei minori, compreso il monitoraggio della loro salute e del loro percorso educativo.

La sindaca di Caprese Michelangelo, Marida Brogialdi, ha dichiarato che la vicenda era già nota agli uffici comunali e ha espresso rammarico per l’evolversi dei fatti. Ha sottolineato come la scuola parentale sia una pratica diffusa sul territorio, soprattutto tra famiglie straniere che vivono in casolari isolati, ma ha precisato che in tutti gli altri casi le procedure vengono regolarmente rispettate e i bambini sottoposti alle verifiche annuali.

Nel caso di Harald e Nadia, invece, le verifiche non erano mai state effettuate, giustificando l’intervento giudiziario. Il tema solleva questioni complesse e delicate: da un lato, il diritto dei genitori a educare i propri figli secondo convinzioni personali, dall’altro, la necessità di garantire la sicurezza e lo sviluppo dei minori secondo standard accettati. L’intervento documentato dalle videocamere della famiglia, con la squadra antisommossa dei carabinieri che entra nella proprietà, ha alimentato discussioni sulla proporzionalità delle misure adottate e sull’equilibrio tra libertà privata e responsabilità dello Stato.

La vicenda di Caprese Michelangelo, pur meno nota rispetto a quella di Palmoli, offre uno spaccato significativo di come certe comunità alternative possano entrare in conflitto con le norme vigenti. L’episodio evidenzia anche la difficoltà di conciliare uno stile di vita radicalmente autonomo con la tutela dei diritti dei minori, aprendo un dibattito che probabilmente continuerà ad alimentare polemiche e riflessioni sulla scuola parentale, la libertà educativa e il ruolo dello Stato nella protezione dei bambini. Il caso resta sotto osservazione, con interrogativi aperti sul futuro dei bambini e sul modo in cui la giustizia minorile italiana gestisce situazioni di questo tipo, sempre al confine tra scelta personale e obbligo di protezione.

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