Vivono immersi nella natura, ma anche nell’isolamento più totale. Senza corrente elettrica, senza assistenza medica, senza istruzione scolastica per i figli. È la storia di una coppia di origini anglosassoni che da tempo ha scelto di abitare nei boschi dell’entroterra vastese insieme ai loro tre bambini, tra i 6 e 8 anni, conducendo un’esistenza lontana dalla società e dalle sue regole.
La loro vicenda è emersa alla luce nell’ottobre del 2024, quando tutti e cinque sono finiti in ospedale per intossicazione da funghi velenosi, dopo aver consumato una zuppa preparata con prodotti raccolti nel bosco. Da allora, la loro scelta di vita è finita sotto la lente della Procura e del Tribunale per i minorenni, che indagano sul possibile pregiudizio per i minori.
L’allarme è scattato quando la famiglia è stata soccorsa priva di sensi. Una volta giunti sul posto, i carabinieri e i soccorritori si sono trovati davanti una situazione precaria: un edificio fatiscente e non agibile, privo di acqua e luce, e una roulotte troppo piccola per ospitare cinque persone.
I bambini, secondo quanto riportato dagli operatori sociali, non erano seguiti da un pediatra, non frequentavano la scuola e vivevano in condizioni igieniche difficili. Dopo il ricovero, il pubblico ministero ha disposto una serie di accertamenti dei servizi sociali, avviando un procedimento di tutela per i minori.
Le relazioni degli assistenti sociali hanno confermato la gravità della situazione. Durante i sopralluoghi, effettuati talvolta con l’assistenza dei carabinieri, data la scarsa collaborazione dei genitori, è stato accertato che la famiglia dormiva su due materassini nella roulotte, mentre i servizi igienici erano all’aperto e i bambini si lavavano tramite un sistema di “bagno a secco”.
I genitori, tuttavia, hanno spiegato di voler proteggere i figli dalla società moderna, praticando una forma di educazione non scolastica (unschooling), fondata sul contatto diretto con la natura e sull’apprendimento spontaneo. In un primo momento, gli operatori erano riusciti a far sottoscrivere ai genitori un progetto socio-psico-educativo per migliorare le condizioni dei bambini, ma l’intesa è presto saltata.
La vicenda solleva questioni delicate sul confine tra libertà di scelta genitoriale e diritti fondamentali dei bambini. Da un lato, c’è il desiderio dei genitori di crescere i figli in modo alternativo, lontano dai condizionamenti della società moderna; dall’altro, la necessità di garantire ai minori sicurezza, istruzione e salute, diritti tutelati dalla legge e dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia.