Matteo Bassetti, infettivologo di fama riconosciuta in servizio presso l’ospedale San Martino di Genova, ha lanciato un nuovo allarme sulla qualità dell’acqua che consumiamo quotidianamente. Attraverso i suoi video pubblicati sui social, il medico continua a sensibilizzare il pubblico su temi critici riguardanti la salute domestica.
Questa volta il focus è sulle microplastiche contenute nelle bottiglie di plastica: un pericolo silenzioso che molti di noi ignorano nel momento in cui portiamo il bicchiere alla bocca. L’analisi di Bassetti parte da un dato sorprendente: il 64% dell’acqua imbottigliata in contenitori di plastica proviene esattamente dall’acqua del rubinetto che abbiamo a casa, arricchita al massimo da un piccolo filtro. Questa informazione dovrebbe farci riflettere sugli ingenti costi che sosteniamo per un prodotto che, nella maggior parte dei casi, non differisce significativamente da quello disponibile gratuitamente dal nostro rubinetto.
Il vero problema, tuttavia, non risiede nell’origine dell’acqua bensì in ciò che accade durante il suo immagazzinamento. L’acqua rimane mediamente nelle bottiglie di plastica per un periodo compreso tra uno e cinque anni, spesso conservata in condizioni tutt’altro che ideali: piazzali esposti al sole, magazzini ventilati insufficientemente, temperature elevate e oscure.
In questi ambienti, il materiale plastico subisce degradazione termica, rilasciando particelle microscopiche che si disperdono direttamente nel liquido che consumiamo. L’immagine utilizzata da Bassetti per comunicare il problema è tanto semplice quanto scioccante: secondo i suoi calcoli, chi beve regolarmente da bottiglie di plastica ingerisce in una settimana una quantità di microplastiche equivalente al peso e al volume di una carta di credito.
Questa non è un’esagerazione retorica, ma una traduzione in termini comprensibili di un dato scientifico documentato da numerose ricerche internazionali. Le conseguenze per l’organismo sono tutt’altro che trascurabili. Bassetti sottolinea come queste microparticelle provocano infiammazione generale nel corpo, attivando processi infiammatori cronici che possono contribuire a diverse patologie.
Le ricerche del CNR-IBFM hanno evidenziato come le microplastiche ingerite possano indurre cambiamenti metabolici simili a quelli provocati da agenti potenzialmente cancerogeni, rappresentando un fattore di rischio serio per la salute umana a lungo termine.
L’infettivologo non si limita a descrivere il problema, ma offre soluzioni pratiche. Riconosce che in situazioni di mobilità – durante una gita, al lavoro o in viaggio – l’utilizzo occasionale di bottiglie di plastica monouso è inevitabile. Tuttavia, sottolinea l’importanza cruciale di non fare di questa una abitudine quotidiana, specialmente all’interno del proprio domicilio dove abbiamo la possibilità di scegliere. Le raccomandazioni sono chiare: preferibilmente utilizzare l’acqua del rubinetto – che nella maggior parte dei casi è sicura e sottoposta a rigidi controlli – e quando possibile scegliere contenitori in vetro. Il vetro non rilascia microparticelle infiammatorie come accade con la plastica, rappresentando quindi l’opzione più salutare dal punto di vista nutrizionale.