Stop alla dicitura "burger" per prodotti vegetali: il Parlamento UE approva il divieto

L’UE vieta l’uso di termini come "burger", "salsiccia" e "bistecca" per prodotti vegetali e carne coltivata, accendendo il dibattito tra tutela degli allevatori e promozione dell’industria plant-based.

Stop alla dicitura "burger" per prodotti vegetali: il Parlamento UE approva il divieto

Il Parlamento Europeo ha approvato una proposta che vieta l’uso di termini come “burger“, “salsiccia“, “bistecca” e “albume d’uovo” per i prodotti plant-based o realizzati in laboratorio, riservandoli esclusivamente ai prodotti tradizionali di origine animale.

La misura nasce con l’obiettivo dichiarato di tutelare gli allevatori europei, ma rischia di avere ripercussioni significative sull’industria emergente della carne coltivata e dei prodotti vegetariani. Denominazioni come “disco a base di…” o “medaglione vegetale” potrebbero infatti risultare meno attraenti per i consumatori, riducendo la familiarità e il potenziale commerciale dei prodotti alternativi alla carne. Il voto in Parlamento ha visto 355 favorevoli e 247 contrari, ma il regolamento dovrà ancora ricevere l’approvazione definitiva dalla Commissione Europea e dai governi nazionali.

Se confermato, si assisterà a un vero e proprio rebranding di numerosi prodotti vegetali, simile a quanto accaduto nel 2017 con la sentenza della Corte di giustizia europea sul divieto di termini come “latte“, “burro” e “formaggio” per prodotti di origine vegetale. L’obiettivo, secondo i sostenitori, è prevenire confusione tra consumatori e proteggere le categorie agricole tradizionali. Dall’altra parte, gruppi ambientalisti, supermercati e persino grandi catene come Burger King hanno espresso forte contrarietà alla misura.

Diversi studi condotti in Germania e in altri mercati europei dimostrano che i consumatori sono perfettamente in grado di distinguere tra prodotti vegetali e animali, mettendo in discussione la necessità del divieto. Le nuove regole, infatti, costringerebbero le aziende a utilizzare termini meno familiari e più descrittivi, rendendo più complicato l’accesso al mercato e potenzialmente rallentando l’innovazione.

In particolare, le piccole e medie imprese, la ristorazione e il commercio al dettaglio di prodotti alimentari, che fanno affidamento su etichette già consolidate, potrebbero trovarsi in difficoltà. Allo stesso tempo, le aziende agricole che producono colture proteiche destinate a sostituire o integrare la carne potrebbero vedere ridotta la domanda, proprio nel momento in cui il mercato dei prodotti vegetali e della carne coltivata sta vivendo una crescita significativa.

La misura rischia dunque di generare un impatto economico non indifferente, influenzando non solo la produzione alimentare ma anche le scelte dei consumatori. L’Unione Europea si trova così davanti a un bivio tra la protezione di settori tradizionali e la promozione di prodotti innovativi e sostenibili. La discussione rimane aperta, e l’eventuale approvazione definitiva potrebbe segnare un punto di svolta per il mercato alimentare europeo, con effetti concreti sulla comunicazione dei prodotti, sulla percezione del pubblico e sull’evoluzione delle scelte alimentari verso opzioni più sostenibili.

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