Si è concluso il processo che vedeva tra gli imputati Ciro Grillo, figlio del noto comico e fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, insieme a tre amici, per episodi gravi nei confronti di due giovani donne avvenuti a Porto Cervo nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019. Il tribunale di Tempio Pausania ha emesso la sentenza condannando Ciro Grillo, Lauria e Capitta a otto anni di reclusione, mentre Francesco Corsiglia è stato condannato a sei anni e mezzo.
Il collegio giudicante ha riconosciuto le attenuanti generiche per tutti gli imputati e ha disposto provvisionali da liquidare alle parti civili: 10.000 euro ciascuno per Grillo, Lauria e Capitta, 5.000 euro per Corsiglia. Quest’ultimo, pur condannato per la condotta di gruppo, è stato assolto dall’accusa di aver molestato l’amica della studentessa italo-norvegese diffondendo foto intime scattate nella villetta della famiglia Grillo.
In sede civile verranno successivamente determinati gli eventuali risarcimenti. Il pubblico ministero aveva inizialmente richiesto nove anni di reclusione per ciascun imputato. All’uscita dal tribunale, l’avvocato Giulia Bongiorno, difensore della giovane, ha sottolineato il valore simbolico della sentenza: «Nonostante le prove fossero solide, la mia assistita ha pianto di gioia. Questo pronunciamento significa che chi denuncia può trovare ascolto e giustizia, confermando che la parola delle persone coinvolte ha valore».
La presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli, ha aggiunto che la decisione ribadisce come certi comportamenti siano reati gravi che colpiscono libertà e dignità, senza attenuanti sociali che possano diminuirne la gravità. Dal canto suo, l’avvocato Antonella Cuccureddu, difensore di Corsiglia, si è detta sorpresa dalla condanna, evidenziando come le risultanze processuali avrebbero potuto portare a un esito differente.
Il procuratore Gregorio Capasso ha invece invitato a rispettare la decisione del tribunale, sottolineando che le valutazioni più approfondite potranno avvenire solo dopo il deposito delle motivazioni. La sentenza rappresenta un momento importante nel panorama giudiziario italiano, confermando che episodi di questo tipo non possono essere considerati gesti minori o “bravate”, ma rientrano tra i comportamenti più gravi tutelati dal diritto nazionale e internazionale. La vicenda richiama l’attenzione sull’importanza di garantire ascolto e protezione alle persone che denunciano, valorizzando la funzione deterrente e preventiva del sistema giudiziario.