Una svolta significativa è arrivata nelle indagini sulla scomparsa di Hayati Aroyo, 62 anni, uomo di origine turca e cognato del boss Huseyin Sarai, scomparso in circostanze poco chiare a Sesto San Giovanni lo scorso luglio. La Procura di Monza, supportata dalla Squadra Mobile di Milano, ha disposto il fermo di tre persone – due uomini, un italiano e un albanese, e una donna italiana – con l’accusa di omicidio aggravato, rapin@ aggravata, incendio e cancellazione di salma.
L’operazione investigativa, durata settimane, ha permesso di ricostruire i movimenti degli indagati e di individuare le cause di un forte astio maturato nei confronti di Aroyo, elemento che avrebbe portato al gesto estremo. Gli investigatori hanno lavorato su più fronti, partendo dall’analisi delle telecamere di sorveglianza presenti nella zona e proseguendo con l’incrocio dei tabulati telefonici e delle intercettazioni.
Proprio questi strumenti hanno consentito di delineare con precisione i ruoli e gli spostamenti dei tre nella notte dei fatti, ricostruendo un quadro complesso che ha portato al fermo. I due uomini sono stati condotti nella Casa Circondariale di Busto Arsizio, mentre la donna è stata trasferita in quella di Milano, in attesa della convalida del provvedimento da parte del giudice per le indagini preliminari. Secondo quanto emerso, Aroyo si trovava a Sesto San Giovanni in un appartamento che gli era stato concesso temporaneamente da un giovane studente partito per un lungo periodo all’estero.
Una circostanza che aveva reso ancora più complessa la prima fase delle indagini, poiché inizialmente non era chiaro chi effettivamente risiedesse nell’abitazione. La scoperta del corpo e i successivi rilievi della polizia scientifica hanno però indirizzato subito l’attenzione sul contesto relazionale e personale della vitti@a, portando a escludere l’ipotesi di un evento accidentale. Le indagini hanno fatto emergere il passato ingombrante di Aroyo, legato indirettamente a figure di spicco della crimin@lità turca, ma anche aspetti più quotidiani e personali della sua vita. Gli inquirenti ritengono che proprio alcune tensioni private, sviluppatesi nel tempo, possano aver avuto un ruolo centrale nella vicenda.
Il procuratore ha sottolineato come l’elemento dell’astio personale sia stato decisivo per comprendere le dinamiche che hanno portato all’omicidio, pur restando ancora da chiarire l’esatto movente. La vicenda ha inevitabilmente riacceso i riflettori sul delicato intreccio tra relazioni familiari, vecchi legami con ambienti crimin@li e conflitti interpersonali, mettendo in luce quanto complesso sia il lavoro investigativo in simili contesti. Ora si attende la convalida dei fermi, che costituirà il primo passaggio ufficiale in un procedimento destinato a occupare le cronache giudiziarie dei prossimi mesi.