Un quarantenne di Meolo, in provincia di Venezia, è finito al centro di un’indagine dopo che i carabinieri hanno scoperto in casa sua una piccola piantagione di marijuana. L’uomo è stato arrestato e portato davanti al Gip, dove ha spiegato di aver coltivato le piante con l’intento di raccogliere denaro per sostenere le costose cure della compagna gravemente sofferente.
Secondo quanto riportato dai quotidiani locali, i militari hanno rinvenuto non soltanto le piante all’interno dell’abitazione, ma anche un sacchetto contenente circa 600 grammi di sostanza già essiccata e pronta all’uso. Un quantitativo che ha fatto scattare l’accusa di detenzione ai fini di spaccio, sebbene l’uomo abbia respinto fermamente questa ipotesi, sostenendo che il suo unico obiettivo fosse quello di affrontare le difficoltà economiche legate alla malattia della compagna.
In sede di udienza di convalida, l’uomo ha dichiarato di non aver mai venduto droga. Ha raccontato invece la sua versione dei fatti, spiegando che la compagna è purtroppo scomparsa lo scorso agosto e che, dopo la sua scomparsa, aveva abbandonato la coltivazione, non sapendo più cosa farne. L’imputato, incensurato e descritto come una persona senza precedenti con la giustizia, ha sottolineato di avere un lavoro fuori provincia, elemento che rende per lui difficile una misura restrittiva più severa.
La Procura di Venezia aveva inizialmente chiesto la concessione degli arresti domiciliari, ma il difensore dell’uomo ha avanzato istanza per la remissione in libertà, considerando la condizione personale e la mancanza di elementi di pericolosità sociale. Il Gip ha convalidato l’arresto, ritenendo che la spiegazione fornita non potesse cancellare l’ipotesi di reato, ma ha anche valutato la posizione complessiva dell’indagato. Tenuto conto dell’assenza di precedenti, della condotta collaborativa e del contesto particolare, la giudice ha scelto di rimettere l’uomo in libertà, applicando però la misura dell’obbligo di firma. In questo modo, l’indagato dovrà presentarsi regolarmente per adempiere a tale obbligo, restando comunque sotto il controllo delle autorità.
Il caso ha suscitato attenzione non solo per l’aspetto giudiziario, ma anche per il risvolto umano legato alla storia personale dell’uomo. Da un lato, la legge non consente deroghe sul tema della coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti; dall’altro, emergono le difficoltà concrete che alcune famiglie si trovano a vivere nel fronteggiare patologie gravi e terapie costose. In attesa dei prossimi sviluppi processuali, resta aperto il dibattito su come coniugare la rigidità delle norme con la valutazione dei contesti individuali. La decisione del giudice, pur non eliminando le accuse, ha comunque tenuto conto delle circostanze particolari, bilanciando giustizia e comprensione.