Mestre, paura in pizzeria: padre e figlioletto accerchiati da una baby gang

Un uomo bengalese e il suo bambino di 3 anni sono stati circondati da un gruppo di adolescenti in un locale di Mestre, episodio raccontato dal padre sui social e confermato dal titolare della pizzeria.

Mestre, paura in pizzeria: padre e figlioletto accerchiati da una baby gang

Martedì sera, poco dopo le 22, Mc Adu Nayeem Bhuiyan, cittadino bengalese residente da anni a Mestre, ha vissuto un episodio che lo ha spaventato profondamente insieme al figlio di 3 anni. La vicenda si è svolta in piazzetta 22 Marzo, all’interno di una pizzeria kebab situata di fronte a “Ca’ Mestre”.

In un post pubblicato su Facebook, l’uomo ha raccontato nel dettaglio quanto accaduto, denunciando il comportamento di un gruppo di ragazzi molto giovani. Bhuiyan ha spiegato che tutto è iniziato mentre attendevano il loro ordine. Il bambino, appena uscito dal bagno, camminava tranquillo quando una ragazza di circa 15 o 16 anni gli ha dato un calcio facendolo cadere a terra.

Tra le risate dei coetanei, il piccolo si è messo a piangere. Il padre, indignato, ha chiesto spiegazioni, ma subito dopo una decina di adolescenti si è avvicinata accerchiando lui e suo figlio. A evitare che la situazione degenerasse è stato lo staff della pizzeria. Secondo il racconto del titolare, Washim Dali, la ragazzina era entrata acquistando una bottiglia d’acqua con il pretesto di andare in bagno.

Poco dopo, però, le risate provenienti dal gruppo hanno fatto capire che stava succedendo qualcosa di anomalo. «Ho sentito che la ragazza stava chiamando altri amici – ha spiegato Dali – per circondare e aggredire il papà del bambino. Siamo intervenuti subito e li abbiamo fatti uscire dal locale, chiamando la polizia».

Nonostante ciò, gli adolescenti sarebbero rimasti all’esterno, attendendo la famiglia. «Mio figlio era ancora in lacrime – ha aggiunto il padre –. Abbiamo aspettato dentro per circa mezz’ora, poi siamo usciti e ho avuto la sensazione che ci seguissero. Io e mia moglie ci siamo voltati più volte lungo la strada fino ad arrivare a casa». Il padre ha dichiarato di non essere intenzionato, almeno per ora, a sporgere denuncia per paura di eventuali ripercussioni. «Noi usciamo tutte le sere – ha detto – e questi ragazzi potrebbero vendicarsi».

Nonostante questo, lancia un appello alle famiglie degli adolescenti coinvolti, chiedendo un maggior controllo: «I genitori devono sapere dove vanno i loro figli e cosa fanno. Se non li guidiamo ora, rischiamo di consegnare all’Italia un futuro complicato». L’episodio riaccende i riflettori sulla questione delle baby gang e sul ruolo educativo che scuole e famiglie sono chiamate a svolgere. La vicenda, oltre ad aver lasciato paura e amarezza nella famiglia di Bhuiyan, sottolinea l’importanza di prevenire atteggiamenti di gruppo che possono sfociare in episodi pericolosi. Il racconto del padre e la conferma del titolare del locale danno forza a un appello che riguarda l’intera comunità: educare al rispetto reciproco e alla convivenza civile è un compito che non può essere rimandato. 

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