Vitalizi parlamentari: a sei anni dalla riforma torna il dibattito con oltre mille ex deputati in attesa della sentenza

Dopo la riforma del 2018, oltre 1.300 ex parlamentari hanno fatto ricorso per il ripristino del vitalizio originale, e la sentenza attesa potrebbe modificare nuovamente le regole sugli assegni pensionistici.

Vitalizi parlamentari: a sei anni dalla riforma torna il dibattito con oltre mille ex deputati in attesa della sentenza

A sei anni dalla storica delibera che ha rivoluzionato il sistema dei vitalizi parlamentari, la questione torna a scuotere il dibattito politico e giuridico. Sono circa 1.300 gli ex deputati che hanno presentato ricorso per chiedere il ripristino del loro assegno originario, oggi fortemente ridotto o sostituito da un sistema contributivo più stringente.

Nei prossimi giorni, il Collegio d’Appello della Camera dei Deputati, organo giurisdizionale interno presieduto da Ylenia Lucaselli (Fratelli d’Italia), si pronuncerà su questi ricorsi, aprendo la strada a uno scenario che potrebbe ribaltare quanto stabilito nel 2018 dall’allora presidente della Camera Roberto Fico, esponente del Movimento 5 Stelle.

La riforma, voluta con l’intento di “moralizzare” e tagliare i privilegi politici, ha sostituito il vecchio vitalizio con un meccanismo basato sui contributi effettivamente versati, come per qualsiasi lavoratore, provocando riduzioni fino al 90% degli assegni soprattutto per i parlamentari più anziani. Già nel 2022 una sentenza aveva accolto il ricorso di una parte degli ex deputati più longevi, ma oggi è la volta di una platea più ampia e giovane, che non si è arresa alle nuove regole.

Tra i ricorrenti figurano nomi illustri come Claudio Scajola, Antonio Bassolino, Rosa Russo Iervolino, Ilona Staller (Cicciolina), Mario Capanna, e alcuni esponenti storici del PSI come Fabrizio Cicchitto, Claudio Martelli e Margherita Boniver. Tra loro anche Paolo Guzzanti, giornalista ed ex parlamentare, tra i più critici della riforma. Guzzanti ha più volte sottolineato il valore storico e morale del vitalizio, definendolo «sacrosanto» in quanto riconoscimento per chi abbandona la propria attività professionale per servire lo Stato.

Il suo assegno, già calcolato con il metodo contributivo, ammonta a circa tremila euro, una cifra che ritiene giusta e motivo d’orgoglio per il suo impegno in Parlamento. Il pronunciamento del Collegio d’Appello, atteso a breve, potrebbe segnare un punto di svolta, riaprendo il dibattito sui diritti pensionistici dei parlamentari e mettendo in discussione l’approccio adottato dalla riforma del 2018.

Se i ricorrenti dovessero ottenere ragione, ciò potrebbe innescare un effetto domino con importanti ripercussioni sulla politica e sulle finanze pubbliche, sfidando la linea adottata dal Movimento 5 Stelle e riaffermando il valore storico del vitalizio come istituto riconosciuto ai rappresentanti eletti della Repubblica.

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