Olio bollente versato su Vasile Frumuzache in carcere: tre agenti indagati per mancata protezione

Un episodio all’interno del carcere di Prato ha portato all’apertura di un’indagine su 3 agenti, accusati di non aver garantito la sicurezza di un detenuto rimasto ustionato da olio bollente.

Olio bollente versato su Vasile Frumuzache in carcere: tre agenti indagati per mancata protezione

Un evento allarmante ha riportato al centro dell’attenzione il tema della sicurezza all’interno degli istituti di detenzione italiani. Lo scorso 6 giugno, Vasile Frumuzache ha subito gravi ustioni causate da un getto di olio bollente mescolato con zucchero, versato sul viso e sugli arti da un altro recluso.

Questa sostanza, arricchita con zucchero per aumentarne l’adesività, ha provocato danni fisici molto seri, sottolineando la pericolosità di strumenti improvvisati ma estremamente dannosi utilizzati in ambienti già complessi. A pochi giorni dall’evento, la Procura di Prato ha avviato un’indagine che coinvolge tre agenti della polizia penitenziaria, formalmente indagati per rifiuto di atti d’ufficio e per non aver garantito la sicurezza del detenuto.

La vicenda ha suscitato particolare attenzione soprattutto per le modalità con cui si è svolta: secondo gli inquirenti, non vi sarebbe stato alcun intervento tempestivo da parte del personale, nonostante le indicazioni preventive fornite alla direzione della struttura e le rassicurazioni circa la protezione di Frumuzache, considerato un detenuto a rischio a causa della sua storia giudiziaria.

I tre agenti coinvolti, di età compresa tra 24 e 45 anni, provenienti da diverse regioni italiane, sono al momento sotto approfondimento per valutare la loro responsabilità nell’assicurare l’incolumità del detenuto soprattutto nelle ore immediatamente successive al suo ingresso nella struttura. Un momento particolarmente delicato, in cui è essenziale una sorveglianza attenta e personalizzata, soprattutto per chi presenta un profilo che potrebbe renderlo vulnerabile a reazioni ostili.

Il procuratore Luca Tescaroli ha evidenziato come questo episodio rappresenti un chiaro segnale di inefficienza nel sistema di controllo interno, rimarcando che non si è riusciti a garantire la protezione richiesta a Frumuzache. La vicenda ha riaperto il dibattito sulle condizioni delle strutture di detenzione italiane, spesso caratterizzate da sovraffollamento e carenza di personale adeguato, fattori che complicano la gestione e la sorveglianza mirata dei soggetti più fragili o a rischio.

L’indagine prosegue e nelle prossime settimane gli agenti saranno ascoltati per ricostruire nei dettagli la dinamica dei fatti e chiarire le eventuali responsabilità. Nel frattempo, il caso solleva importanti interrogativi sul delicato equilibrio tra la necessità di mantenere la sicurezza e quella di rispettare i diritti fondamentali di chi si trova in una condizione di restrizione della libertà personale, evitando che si verifichino situazioni di grave danno o ingiustizia all’interno degli istituti di detenzione.

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