Donald Trump, il capo di stato maggiore congiunto Dan Caine e il capo del Pentagono Pete Hegseth si trovano nella Situation Room della Casa Bianca, mentre la tensione in Medio Oriente raggiunge un nuovo picco.
Dopo l’azione statunitense del weekend precedente, l’Iran ha risposto con una serie di operazioni militari contro le basi americane nella regione. Questo scambio di eventi rischia di destabilizzare ulteriormente una zona già fragile e di aprire una fase dalle conseguenze imprevedibili. Le operazioni iraniane si sono concentrate inizialmente su una base militare americana situata in Qatar, proprio mentre Trump teneva una riunione del consiglio di sicurezza nello Studio Ovale.
Sei colpi sono stati inoltre indirizzati verso la base statunitense di Al Asad, in Iraq, uno degli snodi strategici più importanti per le operazioni americane nella regione. La difesa aerea delle truppe statunitensi è stata immediatamente attivata, riuscendo a respingere in parte l’offensiva.
Nel frattempo, gli Emirati Arabi Uniti hanno chiuso lo spazio aereo, segnalando la gravità della situazione. Le operazioni militari si sono estese anche alla Siria: l’agenzia iraniana Mehr riferisce di colpi di mortaio contro una base statunitense nella provincia occidentale di Hasakah.
In tutta la regione, sirene di allarme suonano nelle basi americane dislocate in Siria, Iraq, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Oman, confermando uno stato di massima allerta. Secondo le autorità del Qatar, l’intervento sulle loro installazioni è stato sventato grazie alle difese aeree nazionali.
Tuttavia, il ministero degli Esteri ha condannato con fermezza l’episodio, precisando che la base era stata evacuata preventivamente per evitare danni alle persone. Il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale iraniano ha sottolineato che il numero di ordigni lanciati corrisponde a quello degli strumenti impiegati dagli Stati Uniti nel recente episodio, evidenziando così una risposta simbolica e strategica.
Questo susseguirsi di eventi si inserisce in un contesto più ampio di tensioni nella regione, dove Israele ha intensificato le sue operazioni in territorio iraniano, provocando un numero di vittime che secondo fonti non ufficiali, come Human Rights Activists News Agency (Hrana), supera le 950 persone, quasi il doppio rispetto ai dati ufficiali. Tra i feriti si contano oltre 3.400 persone, per la maggior parte civili, aggravando la crisi umanitaria. Parallelamente, la repressione interna in Iran si è intensificata: negli ultimi dieci giorni sono stati registrati più di 640 arresti legati a proteste contro il regime e a sospetti di spionaggio.