In Abruzzo, la sanità ospedaliera vive una fase di forte criticità, in particolare nei reparti di Medicina Interna, dove il 71% delle unità operative si trova attualmente in condizione di overbooking, con un numero di pazienti superiore alla disponibilità effettiva di posti letto. A peggiorare il quadro, l’85% dei reparti denuncia gravi e persistenti carenze di personale sanitario, una situazione che incide direttamente sulla qualità delle cure e sulla tenuta del sistema ospedaliero.
È quanto emerge da una survey condotta tra marzo e aprile dalla Fadoi la Federazione dei medici internisti ospedalieri che ha fotografato un settore fondamentale della sanità pubblica: i reparti di Medicina Interna, dove vengono assistiti quasi la metà dei ricoverati, in particolare anziani e pazienti cronici con più patologie. Si tratta di persone fragili che richiedono cure complesse e continue, gestibili solo con risorse adeguate in termini di letti e personale qualificato. Secondo l’indagine, nessuna delle unità operative ha un tasso di utilizzo dei letti inferiore al 70%. In particolare, il 29% dei reparti lavora al limite della capacità, mentre il 71% supera addirittura il 100% dei posti disponibili, una condizione che costringe spesso a collocare i pazienti su lettighe nei corridoi, con il solo ausilio di separé per garantire un minimo di privacy e dignità.
Ma la crisi non riguarda solo l’infrastruttura ospedaliera: secondo Fadoi, circa un quarto dei ricoveri il 25% sarebbe evitabile se si potesse contare su una rete di assistenza territoriale più efficiente e integrata. Ancora più allarmante è il dato relativo alla prevenzione: il 29% dei ricoveri nei reparti di Medicina Interna è riconducibile a una prevenzione assente o insufficiente, segno che il sistema sanitario regionale fatica a intercettare e gestire le patologie prima che diventino emergenze. Una volta dimessi, il 71% dei pazienti viene riportato al proprio domicilio, dove riceve quando disponibile assistenza domiciliare integrata; il restante 29% trova accoglienza in strutture residenziali sanitarie (Rsa), ma anche qui le difficoltà non mancano.
La seconda parte della survey è dedicata al futuro prossimo della sanità territoriale, in vista dell’attuazione delle riforme legate al Pnrr, che prevede la creazione di nuove strutture Case e Ospedali di Comunità con scadenza fissata a giugno 2026, pena la perdita dei due miliardi di euro stanziati. Sul punto, tra i medici emerge un atteggiamento sospeso tra speranza e cautela: il 71% ritiene che le Case di Comunità potranno effettivamente ridurre i ricoveri ospedalieri, ma tutto dipenderà da come saranno organizzate e gestite. Analogo il parere sugli Ospedali di Comunità a gestione infermieristica. Tuttavia, il 14% dei medici resta scettico e non prevede alcun impatto positivo da queste nuove strutture. In un contesto di sovraffollamento cronico e carenza di risorse umane, anche l’attività di ricerca risulta penalizzata: il 14% degli internisti afferma di non riuscire più a dedicare tempo alla ricerca clinica, mentre l’86% dichiara di potervi dedicare molto meno tempo di quanto vorrebbe.
Per Angela Falco, presidente regionale della Fadoi, la situazione è ormai insostenibile: “Il perenne sovraffollamento, sommato a una cronica carenza di personale, ha inevitabili ricadute negative sulla qualità dell’assistenza. Contribuiscono al problema gli accessi inappropriati al Pronto Soccorso e i ritardi nella dimissione dei pazienti, spesso dovuti all’impossibilità da parte delle famiglie di farsene carico in tempi rapidi”, ha sottolineato.