Sta suscitando grande clamore la vicenda delle cinque suore di clausura che nei giorni scorsi hanno lasciato il convento di San Giacomo di Veglia, in provincia di Treviso. Le religiose hanno abbandonato la struttura monastica per rifugiarsi in un luogo segreto, denunciando “gravi vicissitudini” interne al monastero che, a loro dire, hanno reso impossibile la permanenza. La loro fuga ha sollevato interrogativi e acceso i riflettori su una crisi profonda che si protraeva da tempo all’interno della comunità.
Secondo quanto raccontato dalle monache in un’intervista rilasciata al Gazzettino, la situazione si sarebbe deteriorata progressivamente negli ultimi due anni, fino a diventare insostenibile. Le suore parlano di “forti pressioni psicologiche”, culminate con l’arrivo di una Commissione nominata dal Vaticano, che ha portato alla destituzione dell’allora madre superiora, suor Aline Pereira. L’allontanamento di quest’ultima, considerata da molte di loro una guida spirituale e punto di riferimento, avrebbe ulteriormente aggravato le tensioni. «Siamo state costrette a fuggire ha dichiarato una delle monache, la più giovane del gruppo perché il clima che si è instaurato dopo l’arrivo della Commissione era invivibile. Non c’era più serenità né possibilità di dialogo.
Hanno spezzato un equilibrio che durava da cinquant’anni». Alcune delle suore coinvolte risiedevano nel convento da oltre venticinque anni, testimoni di una lunga tradizione di vita comunitaria ora bruscamente interrotta. Anche suor Aline, la ex badessa, ha deciso di rompere il silenzio, offrendo la sua versione dei fatti in un’intervista. Attualmente lontana dal convento per motivi personali, la religiosa ha ricostruito gli eventi che hanno portato al commissariamento, sostenendo di essere stata vittima di un’accusa infondata. «Tutto ha avuto inizio due anni fa ha spiegato quando quattro suore inviarono una lettera al Santo Padre, accusandomi di maltrattamenti e altri comportamenti inappropriati.
Quelle accuse non solo erano false, ma sono state smentite dalle altre consorelle. Purtroppo, il documento è stato preso per buono dal Dicastero, che ha deciso di commissariare il convento senza ulteriori verifiche». Suor Aline ha inoltre criticato il metodo adottato: «Il vero errore è stato non accertare l’oggettività delle affermazioni contenute in quella lettera. Sono stata rimossa senza che ci fossero prove concrete, e questo ha causato un vero e proprio terremoto nella nostra comunità». La religiosa ha poi annunciato l’intenzione di tutelarsi legalmente: «Non accetto che la mia vocazione venga distrutta da calunnie prive di fondamento.
Chiedo che venga fatta chiarezza. Se ci sono prove contro di me, vengano mostrate. In caso contrario, agirò per vie legali. Ho servito la mia comunità con dedizione e continuerò a farlo, nel rispetto della verità e della mia fede». La vicenda ha scosso non solo il mondo ecclesiastico, ma anche la comunità locale, che da decenni vedeva nel convento un luogo di preghiera, silenzio e spiritualità. Ora, invece, è simbolo di divisione, ferite aperte e di un difficile percorso da ricostruire.