Invalido dopo una biopsia sbagliata: maxi risarcimento di 800mila euro ai familiari di un uomo di Arezzo

Un risarcimento di 800mila euro è stato riconosciuto ai familiari di un uomo di 81 anni di Arezzo, rimasto invalido al 90% in seguito a una biopsia mal eseguita. L’anziano, protagonista di un grave errore medico, è deceduto due anni dopo l’intervento.

Invalido dopo una biopsia sbagliata: maxi risarcimento di 800mila euro ai familiari di un uomo di Arezzo

Ottocentomila euro, a cui si aggiungono 49mila euro di spese legali: è questa la somma che l’Asl Toscana sud est è stata condannata a pagare alla vedova e ai due figli di un 81enne di Arezzo, deceduto nel 2020 dopo aver vissuto due anni in condizioni di gravissima invalidità. Lo ha stabilito il Tribunale civile di Arezzo, che ha riconosciuto ai familiari il risarcimento per i danni morali subiti a seguito di un errore sanitario avvenuto nel 2018.

La vicenda ha avuto inizio nel febbraio di quell’anno, quando l’uomo, già sofferente di enfisema polmonare e osteoporosi, si era rivolto all’ospedale San Donato di Arezzo per sottoporsi ad accertamenti clinici a causa di sintomi sospetti a livello respiratorio. Gli venne diagnosticata una neoplasia polmonare e, per approfondire il quadro clinico, fu deciso il ricovero nel reparto di pneumologia, dove si procedette a un’agobiopsia percutanea.

Durante l’effettuazione dell’esame diagnostico, tuttavia, si verificarono gravi complicazioni: l’anziano fu colpito da un arresto cardiocircolatorio che causò danni cerebrali irreversibili, portandolo a uno stato di invalidità permanente pari al 90%. Dopo tre mesi di degenza ospedaliera, l’uomo fu dimesso, ma le sue condizioni risultarono fortemente compromesse, costringendolo a una vita di totale dipendenza e sofferenza fino alla scomparsa, avvenuta due anni dopo.

Nel procedimento giudiziario, il Tribunale ha chiarito che la responsabilità sanitaria non è stata riconosciuta per il decesso attribuibile alla grave patologia tumorale preesistente bensì per i danni derivanti dall’agobiopsia mal eseguita. Secondo la sentenza, se la procedura fosse stata condotta correttamente e se fossero state adottate adeguate misure di monitoraggio post-esame, l’arresto cardiocircolatorio e i successivi danni cerebrali sarebbero stati evitabili. “I familiari hanno subito il dolore e la frustrazione di assistere al progressivo deterioramento del proprio caro, privati della possibilità di vivere pienamente gli ultimi anni della sua vita”, si legge nelle motivazioni depositate dal giudice.

I legali della famiglia, soddisfatti dell’esito del processo, hanno sottolineato l’importanza della sentenza, che, pur essendo appellabile, è immediatamente esecutiva, consentendo così un primo riconoscimento concreto del dolore patito dai familiari. L’intera vicenda riaccende l’attenzione sulla necessità di mantenere elevati standard di sicurezza nelle strutture sanitarie, soprattutto nelle procedure diagnostiche delicate che coinvolgono pazienti già particolarmente fragili. 

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