Orsi deceduti in Abruzzo: da Juan Carrito ad Amarena, una strage silenziosa che continua

Fatti fuori con lo schioppo o investiti dalle auto: la lunga lista degli orsi simbolo dell’Abruzzo. Cinque deceduti dal 2019, l’ultimo solo ieri a Ortona dei Marsi.

Orsi deceduti in Abruzzo: da Juan Carrito ad Amarena, una strage silenziosa che continua

Il decesso di un altro orso marsicano, avvenuta nelle scorse ore nei pressi di Ortona dei Marsi, riapre ferite mai rimarginate e rinnova il senso di smarrimento e impotenza di una comunità che da tempo convive con la consapevolezza di proteggere una specie simbolo, ma oggi più che mai in pericolo. L’estinzione dell’orso bruno marsicano non è più solo una intimidazione remota, ma una concreta possibilità. Ogni perdita è un colpo bruttissimo per una popolazione già ridotta all’osso, con poco più di sessanta esemplari censiti. E troppo spesso, dietro questi decessi, c’è la mano dell’uomo: direttamente, con armi da fuoco, o indirettamente, con strade non sicure, rifiuti abbandonati e un ambiente che diventa nemico proprio dove dovrebbe essere rifugio.

La mente corre inevitabilmente a Juan Carrito e Amarena, due orsi divenuti emblema della convivenza spesso difficile tra uomo e natura. Juan Carrito, il giovane e irriverente orso cresciuto tra i paesi dell’Alto Sangro, amato e fotografato da tutti, venne investito il 23 gennaio 2023 sulla Statale 17, nei pressi di Castel di Sangro. Il suo decesso scatenò un’ondata di commozione e polemiche. A distanza di mesi, il conducente dell’auto è stato risarcito per i danni subiti: una decisione del tribunale di Sulmona che ha riconosciuto la corresponsabilità delle autorità nella mancata messa in sicurezza del tratto stradale.

Ma ancor più sconvolgente fu il decesso di Amarena, fatta fuori a colpi di schioppo nel settembre 2023 a San Benedetto dei Marsi. L’orsa, confidente e amatissima, aveva dato alla luce ben quattro cucciolate nel corso della sua vita, contribuendo in modo cruciale alla sopravvivenza della specie. Al momento del suo decesso era accompagnata da due piccoli, rimasti miracolosamente in vita e oggi monitorati dagli esperti del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Per delitto dell’orsa, Andrea Leombruni, 57 anni, è stato citato in giudizio. Una lunga lista di enti, associazioni ambientaliste e cittadini ha scelto di costituirsi parte civile, a testimonianza di quanto Amarena rappresentasse per l’intera collettività.

Ma la catena di lutti non si ferma qui. Nel 2024, un altro orso è stato ritrovato senza vita all’interno della riserva naturale Chiarano-Sparvera. Le prime ricostruzioni ipotizzano un violento scontro tra due maschi adulti, un comportamento non raro in primavera, periodo in cui aumentano le competizioni per il territorio e le femmine in calore. È un evento che rientra nei cicli naturali, ma che in una popolazione così fragile rappresenta comunque una perdita pesante. Tornando indietro al 2019, un’altra orsa venne investita proprio nei dintorni di Castel di Sangro. Anche in quel caso, a piangere non fu solo la comunità, ma anche il cucciolo che la femmina lasciò orfano: un piccolo che, solo e disorientato, finì anch’esso coinvolti in un sinistro stradale pochi mesi dopo.

Di lui si persero le tracce, alimentando uno strazio mai sopito. Oggi, Il nuovo decesso registrata a Ortona dei Marsi è un monito. Non bastano più le commemorazioni o gli slogan. Servono interventi concreti: recinzioni adeguate lungo le arterie più pericolose, controlli severi, maggiore consapevolezza da parte dei cittadini. E soprattutto, un impegno costante e condiviso per proteggere l’orso marsicano, vero custode dell’anima selvaggia dell’Appennino. Se dovessimo perderlo, non perderemmo solo un animale, ma un pezzo stesso della nostra identità.

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