Rigopiano: la Procura Generale chiede un nuovo processo per l’ex prefetto e dirigenti

La Procura Generale ha presentato un ricorso contro alcune assoluzioni nel processo per la disgrazia dell’Hotel Rigopiano, avvenuta il 18 gennaio 2017, quando una valanga travolse l’edificio, causando 29 decessi.

Rigopiano: la Procura Generale chiede un nuovo processo per l’ex prefetto e dirigenti

 Nell’ambito del processo sulla disgrazia di Rigopiano, il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione ha richiesto un appello bis per l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, e l’annullamento delle assoluzioni per altre sei persone, coinvolte nella catena delle responsabilità. La disgrazia avvenuta il 18 gennaio 2017, si concluse con il decesso di 29 persone, raggiunte da una valanga che  rase al suolo l’hotel Rigopiano di Farindola.

Il sostituto procuratore generale ha sottolineato la necessità di riesaminare le accuse nei confronti di Provolo, già condannato in primo grado a un anno e otto mesi per rifiuto di atti d’ufficio e falso, ma assolto in appello per i capi d’imputazione più gravi: concorso in omicidio colposo, lesioni colpose e depistaggio. Secondo il Pg, le responsabilità per la mancata gestione delle allerte meteo e per l’omessa prevenzione del rischio valanghe richiedono un’ulteriore valutazione.

Altre richieste

Oltre all’appello bis per Provolo, la Procura Generale ha chiesto di annullare le assoluzioni di sei persone, tra cui rappresentanti della Protezione Civile regionale dell’Abruzzo, i cui ruoli operativi e decisionali durante l’emergenza sono stati ritenuti critici. Sono state invece confermate le condanne inflitte ad altri imputati, tra cui: Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, dirigenti della Provincia di Pescara, condannati a 3 anni e 4 mesi; Bruno Di Tommaso, ex gestore dell’hotel Rigopiano, condannato a 6 mesi; Ilario Lacchetta, all’epoca sindaco di Farindola, e Enrico Colangeli, tecnico comunale, entrambi condannati a 2 anni e 8 mesi.

Un cammino ancora lungo

L’udienza in Cassazione rappresenta un ulteriore capitolo del lungo e complesso percorso giudiziario per accertare le responsabilità della  disgrazia. La  disgrazia, attribuita a una combinazione di negligenze e carenze nella gestione del rischio, ha lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva.

I familiari di chi non ce l’ha fatta continuano a lottare per ottenere giustizia piena, ritenendo che alcune omissioni e decisioni cruciali abbiano contribuito a trasformare un evento naturale in una catastrofe evitabile. La decisione della Corte di Cassazione, che potrebbe aprire nuovi scenari processuali, è attesa con grande attenzione. 

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