Poteva esserci chiunque, in una qualunque strada di una qualunque città, ma in quella circostanza è stato il destino di Cristian Giacomini ad incontrare una drammatica casualità. Era in via Appia, dove in tutta tranquillità osservava le vetrine dei negozi insieme a sua madre e al suo fratello minore. Un pomeriggio come tanti quindi, anzi trascorso in allegria visto che il tempo volava via passando gioiosamente da un negozio all’altro a scegliere il regalo più bello per il compleanno.
Poi il buio, tutto accadde in un attimo, in un tempo cosi breve che non gli fu sufficiente per capire cosa stesse accadendo sopra di lui. Un dramma che gli piombò addosso senza lasciargli scampo e senza dargli modo di rendersi conto che in quell’attimo fu strappato alla vita a soli 13 anni. Tutto per un micidiale vaso che dall’alto di un balcone gli piombò dritto sulla testa, un balcone posto al sesto piano di un palazzo al civico 197 di via Appia Nuova.
Quel giorno era il 10 settembre del 2012 e a due anni di distanza arrivano le sorti per chi aveva la responsabilità di non arrecare pericolo ai passanti, che ignari percorrevano la strada sotto la loro casa. Così per quella morte assurda la magistratura di Roma ha emesso la condanna a 22 mesi di carcere per i proprietari di quel vaso che conteneva una piantina grassa.
Maria Grazia Capizzi e suo marito Roberto Cascioli, di 65 e 67 anni, sono stati accusati e condannati per omicidio colposo a seguito della morte di Cristian Giacobini. Nelle fasi processuali hanno chiesto il rito del patteggiamento, in pratica ammettendo le loro colpe.
Una fatalità che ha portato via la vita di un bimbo innocente e la serenità di due famiglie, quella di Cristian, andato via quando era tra le braccia della madre intorno ai passanti sconvolti e quella della coppia, inesorabilmente schiacciata dal rimorso quanto dal dispiacere. Non sarà solo la condanna a pesare sui colpevoli ma anche il risarcimento che dovranno elargire alla famiglia di Cristian in mancanza di un’assicurazione che coprisse certi rischi.
Il mancato ancoraggio di vasi su balconi e finestre non è solo questione di buon senso, in quella fattispecie, il pm Giuseppe Cascini scrisse: “Posizionando alcuni vasi sul parapetto del proprio balcone, senza ancorarli i due non avrebbero rispettato il regolamento di Polizia Urbana del Comune, cagionando così, per la caduta accidentale di un vaso, la morte del bambino“.