Negli ultimi anni, il fenomeno del body shaming ha assunto proporzioni preoccupanti, soprattutto sui social media. La combinazione tra l’anonimato offerto da Internet e l’abitudine sempre più diffusa di esprimere giudizi senza filtri ha trasformato i social in una piazza digitale dove offese verbali e la cattiveria trovano terreno fertile. Un caso emblematico di questo fenomeno è quello di Matilde Celentano, sindaca di Latina, colpita da ripetute offese per il suo aspetto fisico.
Celentano, da mesi bersaglio di commenti denigratori, ha deciso di dire “basta“. Il motivo? Le continue accuse di essere “rifatta“, con insinuazioni pesanti su presunti interventi estetici al viso. Tra i commenti più diffusi sui social, alcuni la accusano di aver speso i soldi pubblici per interventi estetici, con frasi come “È tutta rifatta in viso, ecco i soldi che fine fanno“, oppure “Le labbra a canotto no“. Tali offese non si limitano a offendere l’aspetto fisico della sindaca, ma si estendono a insinuazioni sulle sue competenze professionali, con commenti che dipingono un quadro di corruzione e malcostume politico.
L’aspetto più triste di questa vicenda è che Celentano aveva già spiegato pubblicamente, nell’agosto scorso, che i cambiamenti fisici del suo volto non erano frutto di interventi estetici, ma conseguenza delle terapie per contrastare una neoplasia. “Era cortisone, tre mesi di cortisone“, ha spiegato la sindaca, sottolineando che il gonfiore alle labbra e ai tratti del viso era dovuto al trattamento farmacologico, non al botulino. Nonostante questa spiegazione, gli hater hanno continuato a perseguitarla con commenti offensivi, dimostrando quanto spesso la verità venga ignorata quando si ha l’intento di colpire una persona.
Nonostante la confessione pubblica, le offese non si sono fermate. Al contrario, Celentano ha denunciato un’escalation di commenti negativi, arrivando a definire la situazione “intollerabile“. La sindaca si è detta esasperata dal fatto di essere giudicata non per il suo operato politico, ma esclusivamente per sospetti legati a interventi di chirurgia estetica. Un tipo di giudizio che, oltre a essere ingiustificato, distoglie l’attenzione dai meriti professionali e dal lavoro svolto da una figura pubblica.