Un recente episodio verificatosi in Puglia evidenzia la crisi profonda che attraversa il sistema sanitario pubblico italiano, sollevando domande sulle conseguenze di un possibile futuro con l’autonomia differenziata. Una bambina di nove anni, bisognosa di un semplice trattamento antibiotico, è diventata protagonista di un incubo per la sua famiglia, rivelando le falle di un sistema sanitario sempre più in affanno.
Tutto ha inizio con la necessità di somministrare un’iniezione di penicillina e lidocaina, un trattamento standard per combattere un’infezione. I genitori della bambina si affidano a un’infermiera per l’iniezione, ma qualcosa va storto. Poco dopo, la zona del gluteo in cui era stata somministrata la medicina inizia a scurirsi: è l’inizio di una necrosi muscolare. Preoccupati per le condizioni della figlia, i genitori si recano d’urgenza all’Ospedale Perrino di Brindisi.
Qui, però, le difficoltà non tardano a manifestarsi. Per completare gli accertamenti, è necessaria una risonanza magnetica, ma l’apparecchio dentale della bambina deve essere rimosso. Tuttavia, l’odontoiatra non è presente in ospedale, costringendo i genitori a rimuovere l’apparecchio da soli. La situazione si aggrava ulteriormente quando si scopre che l’intervento chirurgico necessario non può essere eseguito a Brindisi, a causa della carenza di personale medico: molti operatori sono in ferie o in malattia, impedendo la continuità assistenziale. Alla fine, la bambina viene trasferita in ambulanza al Bambin Gesù di Roma, un’eccellenza nel campo della pediatria, grazie all’organizzazione privata dei genitori, che si assicurano una assistenza infermieristica per non interrompere le cure.
La vicenda ha sollevato una forte reazione politica. Paride Mazzotta, capogruppo di Forza Italia nel Consiglio regionale della Puglia, ha commentato duramente l’accaduto: “Chiederò un’audizione in Commissione Sanità per avere spiegazioni sullo smantellamento costante dell’Ospedale Perrino di Brindisi“. L’episodio, secondo Mazzotta, è solo l’ultimo di una serie di problemi che affliggono l’ospedale, culminati recentemente con la chiusura del reparto di chirurgia plastica. “Una bambina è stata trasferita a Roma perché non era possibile sottoporla a un intervento proprio in quel reparto. Una circostanza di inaudita gravità che deve essere approfondita“.
Il caso solleva riflessioni importanti sul futuro della sanità pubblica, soprattutto alla luce della proposta di riforma sull’autonomia differenziata, promossa dalla Lega e sostenuta da diverse regioni del Nord Italia. Al centro del dibattito c’è la possibilità che le regioni possano gestire in modo autonomo settori cruciali, tra cui la sanità. Questo modello permetterebbe alle singole amministrazioni locali di stabilire salari e contratti a livello regionale, con il rischio di creare una forte disuguaglianza tra le regioni.
In ambito sanitario, la riforma potrebbe portare a un aumento delle disparità: le regioni più ricche potrebbero offrire stipendi più elevati, attirando i migliori professionisti e lasciando quelle meno dotate di risorse in carenza cronica di personale medico qualificato. Questo scenario finirebbe per accentuare il divario tra Nord e Sud, creando una sanità a “doppia velocità”, con alcune aree capaci di garantire servizi eccellenti e altre condannate a un progressivo deterioramento.