In una vicenda che continua a suscitare grande interesse pubblico, emerge la figura di P.G., una delle due psicologhe indagate nel processo a carico di Alessia Pifferi, accusata della scomparsa della figlia Diana di quasi 18 mesi. P.G. è stata perquisita il 24 gennaio per favoreggiamento e falso ideologico, e ora si definisce “annientata“, rifiutando categoricamente di tornare a lavorare in un penitenziario.
Nel corso dell’interrogatorio tenutosi di fronte al pm di Milano Francesco De Tommasi, P.G. ha scelto di non rispondere, avvalendosi della facoltà di non autoincriminarsi. Tuttavia, tramite il suo legale, Mirko Mazzali, ha depositato una lettera che esprime il suo stato d’animo e la sua posizione. “Credo che la verità verrà a galla insieme alla mia totale innocenza e buonafede“, scrive la psicologa, che per 30 anni ha lavorato nel sistema carcerario. La sua lettera trasmette un senso di sgomento per quanto sta vivendo, affermando di essere stata umiliata e spaventata dalla situazione.
Le accuse a carico di P.G. e dell’altra psicologa indagata riguardano la presunta falsificazione di alcuni atti, tra cui un test psicodiagnostico, che avrebbero aiutato Alessia Pifferi a ottenere una perizia psichiatrica. Anche l’avvocato difensore di Pifferi, Alessia Pontenani, risulta indagata per aver preso parte allo stesso “disegno criminoso“, attestando falsamente un quoziente intellettivo di 40 per la sua assistita.
La perquisizione subita dalla psicologa è stata descritta da lei stessa come un’esperienza umiliante, in cui è stata trattata “come i detenuti” e osservata da agenti, detenuti e colleghi. Il suo legale ha ribadito che, a loro avviso, le accuse sono infondate e che attenderanno che la Procura cristallizzi le accuse per far sentire nuovamente la loro voce. L’avvocato ha sollevato dubbi sulla natura penale delle azioni contestate, ponendo interrogativi sul ruolo della magistratura in questo contesto.
La situazione si complica ulteriormente con l’emergere di uno scontro interno alla Procura. Il pm Rosaria Stagnaro, collega di De Tommasi nel processo contro Pifferi, ha rinunciato all’incarico, non condividendo l’iniziativa del collega e sottolineando la sua disaccordo con le iniziative prese nel processo.