Il consiglio di amministrazione di Tim ha dato il via libera alla vendita della rete a Kkr, il fondo americano che si è aggiudicato la gara per la creazione di Netco, la società che gestirà la rete primaria e secondaria in fibra e rame di Tim. L’operazione, che non richiede l’approvazione dell’assemblea degli azionisti, potrebbe valere fino a 22 miliardi di euro, a seconda del raggiungimento di alcuni obiettivi e condizioni. La decisione è stata presa domenica 5 novembre, al termine di una lunga riunione del cda, con 11 voti favorevoli e 3 contrari.
I consiglieri indipendenti che si sono opposti sono stati Cristiana Falcone, Marella Moretti e Giulio Gallazzi, secondo quanto riportato da Milanofinanza.it. Il presidente di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Gorno Tempini, non ha partecipato al voto.
L’offerta di Kkr prevede il conferimento da parte di Tim di un ramo d’azienda, costituito da attività relative alla rete primaria, all’attività wholesale e dall’intera partecipazione nella controllata Telenergia, in FiberCop, la società che già gestisce la rete secondaria in fibra e rame. Successivamente, Kkr acquisterà l’intera partecipazione detenuta da Tim in FiberCop, tramite un veicolo denominato Optics Bidco. A fianco di Kkr ci saranno il Tesoro e il fondo F2i, che parteciperanno al capitale di Netco. L’operazione è soggetta a una serie di aggiustamenti al closing, previsto entro l’estate 2024, in relazione a determinati parametri e target predefiniti, come la cassa e il debito trasferiti, il livello del capitale circolante, il costo dei dipendenti trasferiti e il rispetto di alcuni obiettivi di investimento e di installazione della rete in fibra ottica.
Inoltre, il prezzo potrebbe aumentare fino a 22 miliardi di euro, se entro 30 mesi dal closing si verificano alcune potenziali operazioni di consolidamento che riguardano Netco o se si introducono modifiche regolamentari idonee a generare benefici per Netco.
L’operazione è stata accolta con favore dal governo, che ha espresso il suo sostegno alla creazione di una rete unica in fibra, in grado di garantire una maggiore copertura e qualità dei servizi. Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha dichiarato che si tratta di “un passo importante per il Paese, che consentirà di accelerare la digitalizzazione e la competitività del sistema Italia“. La vendita della rete a Kkr, però, non è piaciuta a Vivendi, il principale azionista di Tim con il 23,9% del capitale.
Il gruppo francese ha annunciato il ricorso in tribunale, definendo la decisione del cda “illegittima” e contraria agli interessi degli azionisti. Vivendi sostiene che l’operazione avrebbe dovuto essere sottoposta al voto dell’assemblea e che il prezzo offerto da Kkr sia troppo basso. Inoltre, Vivendi contesta il fatto che il cda abbia respinto l’offerta di Kkr per Sparkle, la società che gestisce i servizi internazionali di telecomunicazione, ritenendola insufficiente.
L’operazione di scorporo della rete è stata avviata nel 2019, quando Tim ha creato FiberCop, una società controllata al 58% da Tim e al 37,5% da Kkr, con il restante 4,5% in mano a Fastweb. L’obiettivo era di aprire la rete secondaria in fibra e rame agli operatori alternativi, in cambio di un canone. Successivamente, Tim ha avviato la gara per la vendita della rete primaria, che comprende le infrastrutture più strategiche e costose, come le centrali e i cavi sotterranei. Kkr si è aggiudicato la gara, battendo la concorrenza di altri fondi, come Macquarie e Ardian.
L’operazione di vendita della rete a Kkr è stata sostenuta dal fondo Elliott, che detiene il 10% di Tim e che ha una visione più orientata alla creazione di valore per gli azionisti. Elliott ha espresso il suo apprezzamento per la decisione del cda, definendola “un’opportunità unica per Tim e per il Paese“. Elliott ha anche ribadito il suo sostegno al piano industriale di Tim, che prevede investimenti per 16,5 miliardi di euro nel periodo 2021-2023, di cui 7,5 miliardi per la rete fissa e mobile.