Il caso di Emanuela Orlandi è tornato di moda negli ultimi tempi dopo che papa Francesco ha ordinato un’indagine interna per far luce sulla scomparsa della cittadina vaticana. A fare rumore, però, è stata la notizia diffusa dal telegiornale condotto da Enrico Mentana che ha parlato di insistite attenzioni sessuali rivolte da Mario Meneguzzi alla nipote Natalina Orlandi, sorella maggiore di Emanuela. Una notizia che ha riproposto la pista familiare già battuta dagli inquirenti all’epoca ma che fu abbandonata per deviare verso il rapimento a scopo politico.
Natalina Orlandi, durante una conferenza stampa, ha detto che le attenzioni dello zio erano in realtà delle semplici “avance verbali”. Ma il giornalista Pino Nicotri ha rivelato un dettaglio che mette in dubbio le parole di Natalina. In un articolo pubblicato su Blitz Quotidiano, il cronista ha mostrato una denuncia sporta ai carabinieri il 30 agosto 1983 in cui l’allora fidanzato di Natalina, Andrea Ferraris, oggi marito della stessa, denunciava il fatto increscioso avvenuto tra lo zio e la sua fidanzata. Come afferma Nicotri “non ha senso pensare che il fidanzato sia andato dai carabinieri se si fosse trattato solo di avance a base di semplici parole. Per andare dai carabinieri che indagavano sulla scomparsa di Emanuela, ci dev’essere stato un qualche elemento abbastanza grave da far sospettare che zio Mario Meneguzzi potesse aver avuto a che farci. Si direbbe quindi che non di avance a base di sole parole si sia trattato”.
Il sospetto di Nicotri è avvalorato dalla testimonianza del prete confessore della famiglia Orlandi che, interpellato dall’allora segretario di Stato Vaticano, Agostino Casaroli, confermò le molestie sessuali subite da Natalina da parte dello zio Mario, aggiungendo che Natalina era terrorizzata dal parente, il qualche minacciò anche di farla licenziare dalla Camera dei Deputati-dove la ragazza lavorava come segretaria in un ufficio legale-se avesse parlato della cosa. Questo, naturalmente, non vuol dire che Mario Meneguzzi c’entri qualcosa con la scomparsa di Emanuela, ma che il contesto familiare degli Orlandi non fosse affatto idilliaco.
Per allontanare dallo zio ogni sospetto, Pietro Orlandi, nella stessa conferenza stampa, ha detto che, il giorno della scomparsa di Emanuela, zio Mario era in vacanza a Torano, in un luogo “lontanissimo”. In realtà-come fa notare Nicotri-non ci sono prove che lo zio quel giorno fosse davvero a Torano. Inoltre, Torano si trova a cento chilometri da Roma. Un’ora di viaggio. Se si considera che, come afferma Pietro, il padre di Emanuela telefonò al cognato a mezzanotte per chiedere un aiuto, cinque ore dopo la scomparsa di Emanuela, l’uomo avrebbe avuto teoricamente tutto il tempo di andare e venire da Torano a Roma anche due volte.
Un altro punto discutibile messo in risalto da Nicotri riguarda la testimonianza di Pietro Meneguzzi, figlio di Mario, che a suo tempo sostenne che il giorno della scomparsa di Emanuela tutta la famiglia era a Torano. Il padre Mario, invece, nel 1985 testimoniò davanti agli inquirenti che con lui a Torano c’erano solo la moglie Lucia Orlandi, la loro figlia Monica e la cognata Anna Orlandi. Anna Orlandi che, viceversa, Pietro Orlandi nel suo libro “Mia sorella Emanuela – Voglio tutta la verità”, scritto nel 2012 con il giornalista Fabrizio Peronaci, colloca a Roma in casa con lui, i suoi genitori e le altre tre sorelle in attesa di Emanuela per mangiare la pizza.
Nicotri lancia poi un sospetto inquietante ma molto plausibile: “Mario Meneguzzi è sicuramente innocente, anche perché il suo tampinare all’epoca i magistrati per sapere cosa stessero man mano appurando, cosa che li insospettì molto fino a sospettare di lui e a farlo pedinare, può essere dovuto a voler proteggere non necessariamente se stesso, ma eventualmente invece un amico, un parente o una persona cara”.