Ha fatto inorridire tutta l’Italia la storia della piccola Diana Pifferi, la piccola di soli 18 mesi che è stata ritrovata, priva di vita, nell’abitazione di via Parea, alla periferia est di Milano.
Ad abbandonarla alla morte è stata la madre Alessia Pifferi, che l’ha lasciata da sola, in quell’appartamento, per 6 lunghi giorni, in modo da poter raggiungere il compagno a Leffe, in provincia di Bergamo.
Le analisi sul biberon
Non voleva essere disturbata la madre-assassina,desiderava godersi la sua relazione in santa pace, senza l’intralcio della figlioletta, così, incurante di tutto, l’ha lasciata a casa, su un lettino da campeggio, con accanto solo un biberon di latte, mentre in casa è stata ritrovata una boccetta quasi vuota di En, un ansiolitico. Diana erà già morta da 48 ore quando è stata ritrovata cadavere dalla madre, che aveva messo in conto un epilogo del genere, ed i soccorritori si sono trovati di fronte una scena agghiacciante: la piccola con il pannolino strappato, lanciato via dal lettino, su cui giaceva, con gli occhietti semiaperti e delle larve di insetti sul corpo. Nel suo stomaco, sono state trovate tracce di filamenti del cuscino che, forse, avrebbe provato a mangiare, pur di rimanere aggrappata alla vita.
Mentre la madre assassina è in carcere, cresce l’attesa per il 28 settembre; data importantissima, quella in cui si svolgeranno gli accertamenti tecnici sul biberon e sulla boccetta di ansiolitico, disposti dal pm Francesco De Tommasi. L’obiettivo è capire se Diana sia stata drogata, se Alessia le abbia messo delle gocce di benzodiazepine nel latte per tenerla a bada, dato che nessun vicino ha mai sentito la bambina piangere, lamentarsi, urlare in preda alla disperazione per la fame, per la sete, per il caldo insopportabile e per la mancanza di un riverbero d’aria, dato che la madre aveva serrrato tutti gli infissi.
Se dalle perizie dovesse emergere che Diana è stata sedata con ansiolitici, per la Pifferi, che si trova in carcere, sorvegliata a vista h24, per paura che possa compiere grsti estremi o che altre detenute possano farle del male, il quadro potrebbe aggravarsi ulteriormente e per lei potrebbe scattare l’ergastolo, trattandosi, in quel caso, di omicidio premeditato.