Meta: cambi dirigenziali, ridimensionamento progetti hardware

Prosegue il momento difficile per Meta che, dopo aver dovuto dire addio al suo progetto di criptovaluta, salutato un importante dirigente che lascia l'azienda, ha dovuto anche procedere nel ridimensionare alcuni progetti hardware cui teneva molto.

Meta: cambi dirigenziali, ridimensionamento progetti hardware

Le ultime settimane si sono rivelate cariche di grandi cambiamenti per Meta, la parental company di Facebook, col noto colosso hi-tech di Menlo Park che, investito da diversi cambiamenti dirigenziali, ha deciso anche di ridimensionare alcune sue ambizioni in fatto di hardware.

Nei giorni scorsi, più o meno nello stesso periodo in cui Guy Rosen assumeva l’incarico di capo della cybersecurity per Meta, un noto dirigente della stessa azienda annunciava il suo addio, dopo 15 anni di servizio al fianco di Zuckerberg, conosciuto nel 2007 quando la persona in questione lavorava per Google come vicepresidente per le operazioni online globali e le vendite: si tratta della Chief Operating Officer (COO) Sheryl Sandberg che, nello specifico, nel dedicarsi prossimamente ai suoi progetti di beneficenza, si lascia alle spalle un colosso da oltre 2 miliardi di utenti che solo lo scorso anno ha fatturato qualcosa come 118 miliardi di dollari. 

Intanto, Meta sta ridefinendo i suoi obiettivi anche per quel che riguarda l’hardware. Nelle scorse ore, la rivista Bloomberg ha pubblicato una serie di interessanti indiscrezioni relative a un particolare progetto di Menlo Park. A quanto pare, lo smartwatch da circa 349 dollari, che avrebbe dovuto esordire nella primavera del 2023, non si farà: la scheda tecnica emersa in merito figurava un wearable con cassa removibile, due pulsanti fisici, GPS, Wi-Fi, e sino a 18 ore di autonomia, provvisto di due fotocamere.

Una, frontale, da 5 megapixel, sarebbe servita per le videochiamate, mentre l’altra, sul pulso, da 12 megapixel, avrebbe catturato foto e video, da condividere via Instagram o WhatsApp. Tra i motivi dello stop allo sviluppo dell’orologio, che avrebbe anche permesso di gestire la musica su Spotify, di ricevere le notifiche, di tracciare la frequenza cardiaca, la respirazione e le attività sportive, figurano i tagli dei costi alla divisione Reality Labs e difficoltà tecniche, forse dettate dal fatto che la fotocamera dorsale, da usarsi a capsula dell’orologio estratta, avrebbe potuto interferire con le funzioni legate all’elettromiografia (rilevamento degli impulsi nervosi da trasformare in input digitali per il controllo del proprio avatar nel Metaverso). Secondo la fonte, Meta è comunque impegnata sullo sviluppo di altri dispositivi indossabili anche per svincolarsi da Google e Apple, con gli utenti che sono costretti a usarne gli smartwatch per accedere ai suoi servizi. Sul versante del Metaverso, secondo JP Morgan, Meta ha siglato un accordo con Broadcom Inc per usarne i chip ASIC nel suo hardware destinato al Metaverso. 

Secondo The Verge, ci sarebbero cambiamenti pure per quel che riguarda gli occhiali AR. Nello specifico, Meta ha deciso che il modello “Orion“, che avrebbe potuto arrivare anche all’utenza consumer, sarà riservato ai soli sviluppatori in quanto le sue limitazioni tecniche (display poco luminoso, ad es.) non avrebbero permesso di ottenere vendite tali da giustificarne la produzione su vasta scala. Procederanno come in precedenza, invece, i piani relativi ad altri due occhiali smart: nel 2023 potrebbe esordire il modello “Hypernova“, destinato a funzionare in tandem con uno smartwatch mentre, secondo una timeline non ancora definita, dovrebbe esordire poi un modello di fascia più alta, “Artemis“, meno ingombrante e con una miglior tecnologia di visualizzazione delle immagini.

Da Variety e The Information, infine, giungerebbero le indiscrezioni relative ai dispositivi Portal. Qui Meta avrebbe deciso di relegarli alla sola utenza aziendale mentre, per quella consumer, non verranno sfornati nuovi modelli, limitandosi al fornire assistenza per quelli già in circolazione a esaurimento delle scorte disponibili. Secondo quanto emerge, questa decisione sarebbe dettata da una serie di circostanze: in particolare, durante le restrizioni da coronavirus, molte aziende avrebbero preso a usare i Portal (es. i modelli recenti compatibili con Zoom and Microsoft teams) per tenere in contatto i dipendenti distribuiti qui e là presso le proprie residenze, mentre le vendite per l’utenza consumer sarebbero andate a dir poco male (600.000 Portal venduti nel 2020, 800.000 nel 2021). 

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