Il ricercatore egiziano Patrick Zaki, fuori dal carcere dopo 22 lunghi mesi di prigionia in Egitto, ha condiviso su Twitter e su Facebook un post accompagnato da poche semplici parole: “Libertà, libertà, libertà“, e da una foto che lo ritrae sorridente mentre ha tra le mani il braccialetto della Bologna calcio, la città dove studiava e che oggi lo aspetta.
Il processo è ancora in corso e l‘attivista non sarà davvero libero fino a quando tutte le accuse non saranno cadute. Zaki infatti è in attesa della prossima udienza del processo, il 1 febbraio.
La storia di Patrick Zaki
La storia dello studente egiziano Patrick Zaki, rilasciato l’8 dicembre 2021, inizia il 7 febbraio 2020. Patrick iscritto al Master in Studi sulla parità di genere Gemma dell’Alma Mater di Bologna, nato a Mammasoura, in Egitto il 16 giugno 2021, da genitori di religione cristiana copta, il 7 febbraio 2020 stava rientrando in Egitto per andare a trovare la famiglia in occasione delle vacanze.
Arrivato all’aereoporto del Cairo, viene fermato dalle autorità egiziane e, secondo quanto riportato da alcune Ong e dai legali, lo studente viene torturato durante un interrogatorio nel quale gli viene chiesto del suo lavoro, del suo attivismo per la comunità Lgbt e della sua collaborazione con l’Ong egiziana Eipr.
Accusato di istigazione alla violenza, proteste, terrorismo e gestione di un account social che avrebbe come scopo quello di eliminare la sicurezza pubblica, l’8 febbraio il ricercatore compare a Mansoura, sua città natale, in arresto. Il 5 marzo 2020 viene trasferito nel carcere di Tora, al Cairo, considerato uno dei penitenziari peggiori al mondo.
Le parole del presidente Sergio Mattarella e della senatrice Liliana Segre
Il capo dello Stato Sergio Mattarella nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico all’università di Kore di Enna, ha dichiarato: “Siamo lietissimi che sia tornato in libertà“, mentre la Segre ha detto: “Quando la porta di una cella si apre, si aprono in realtà speranze e ancosce, possono annunciarti la libertà, oppure un’esecuzione, possono consegnarti una lettera dei tuoi cari oppure portarti nella camera delle torture“.
La senatrice ha aggiunto: “Nessun giovane dovrebbe mai finire in una cella, essere privato della libertà senza aver fatto nulla di male”. La Segre che ha votato in Senato per la richiesta di cittadinanza di Zaki, si è idealmente autoproclamata sua nonna e spera di riabbracciare suo nipote qui in Italia quanto prima.