Don Francesco Spagnesi, il prete che ha dissipato i soldi dei fedeli e il lascito di una parrocchiana e che si trova in arresto da martedì a Prato è stato indagato per “traffico internazionale di droga e appropriazione indebita“.
La sua sitazione si aggrava ulterioremente in quanto è indagato anche per “tentate lesioni gravissime“. La procura, infatti, ha ipotizzato anche il reato in relazione alla sua sieropositività: il prete non avrebbe informato le sue partner sessuali incontrate durante i festini a base di ssesso e droga che organizzavi con il suo compagno, Alessio Regina.
“Dipendente dalla droga e dal mio compagno”, ai party a base di sessso e droga organizzati da Don Spagnesi non partecipavano mai meno di 20 o 30 persone, spesso sempre le stesse persone; almeno 2 delle persone che regolarmente partecipavano ai festini hanno scoperto di essere sieropositive. La pericolosità sociale del comportamento di Don Francesco Spagnesi ha indotto la procura ad indagare il prete per questo reato (583 c.p.), per il quale il codice prevede una pena da 6 a 12 anni.
Dopo lo sconvolgimento nella parrocchia della Castellina, relativamente ai 230 mila euro lasciati alla parrocchia da una donna che circa due anni fa è venuta a mancare, e che sono stati dissipati da Don Francesco Spagnesi destinati tutti all’acquiusto di cocaina e droga dello stupro in pochi mesi.
Il parroco era solito invitare i fedeli ad effettuare donazioni private giustificandole con la destinazione delle somme per aiutare le famiglie bisognose. Il membro del Consiglio “affari economici” della Castellina, Gianfranco Marzano, già 7 mesi addietro avvertiva il parroco, perchè la situazione economica della parrocchi era già altamente compromessa: “Ti volevo informare che sul conto corrente sono rimasti circa 120 mila euro. Tieni conto nel 2020 la parrocchia ha incassato oltre 200 mila euro solo dalle vendite degli appartamenti: con questo ritmo di prelievi il conto sarà azzerato prima della fine dell’anno”.
Le cose poi sono precipitate in quanto il parroco non solo non ha interrotto i prelievi, ma se possibile li ha pure intensificati, fino a farsi revocare dal vescovo il potere di firma per le disposizioni sul conto, oramai prosciugato.