Il fenomeno della mafia non è presente solo al sud, ma anche in altre regioni italiane è più viva e radicata che mai, come accade in Emilia Romagna, terra dove, come dimostrano alcuni accertamenti, “il cancro delle mafie si è esteso sempre più fino a diventare un problema con cui confrontarsi quotidianamente”.
Uno studio eseguito dalla collaborazione tra Gaetano Alessi, il Gruppo Antimafia “Pio La Torre” di Rimini e il Gruppo dello Zuccherificio ha permesso di realizzare un dossier che si intitola “Emilia Romagna Cose Nostre”, un testo che raggruppa gli avvenimenti che si sono succeduti attraverso il biennio 2012/2014, che tratta il tema delle mafie con un carattere prettamente “scientifico”. Lo stesso Patrick Wild del Gap di Rimini ne spiega il perché: “Perché conoscere è il primo passo per combattere e scegliere di dedicare una quota del proprio tempo al contrasto alle mafie”.
Dal dossier emerge come edilizia e gioco d’azzardo sono attualmente le due fonti di guadagno che vanno ad arricchire le circa sessanta unità di cosche mafiose che ha ormai radici profonde in Emilia Romagna, appoggiata spesso da una “politica che in passato ha voltato la testa o ha agito in collusione con i clan”. Wild ribadisce ancora: “La mafia cresce dove trova terreno fertile. Mentre in Liguria, Piemonte e Lombardia la ’ndrangheta ha soprattutto intaccato la politica, da noi si è preferito mettere la testa sotto la sabbia e far finta di nulla”.
Secondo Wild l’imprenditoria non ha ancora capito di essere la potenziale vittima e per convenienza si è sottomessa agli affari della mafia. Le indagini hanno anche accertato che i clan si stanno allargando anche in altre aree della regione un tempo considerate ”sicure”.
Il dossier mostra anche una mappa che evidenzia i territori dove la criminalità organizzata ha attecchito. Ecco come spiega Gaetano Alessi il fenomeno: “A calcare le terre emiliane sono in questo momento undici organizzazioni mafiose e il resto del mondo batte l’Italia per 7 a 4, schierando nell’ordine la mafia nord africana, nigeriana, cinese, sud americana, rumena, ucraina e albanese. L’Italia risponde con Cosa Nostra, Camorra, Sacra Corona Unita e la ’Ndrangheta, suddivise in 62 cosche”.