Per la XXIX Giornata Mondiale del Malato, 11 febbraio 2021, Papa Francesco ha scritto un messaggio divulgato oggi, 12 gennaio 2021. A introdurre la sua riflessione è stata la situazione di sofferenza causata, in questo ultimo anno, dalla pandemia da coronavirus.
E’ da ipocriti, scrive Papa Francesco, e nessuno è immune a questo, non accorgersi di chi, in questo momento, è nel bisogno e non fare nulla per “fiorire come figli dell’unico Padre, chiamati a vivere una fraternità universale“. Quindi Papa Francesco ha ricordato che Gesù critica coloro che “dicono e non fanno“.
La malattia è un’esperienza che ci porta a toccare con mano “la nostra vulnerabilità” e allo stesso tempo “il bisogno innato dell’altro” ha sottolineato Papa Bergoglio facendo osservare anche che proprio in queste situazioni la nostra condizione di creaturalità appare più nitida e in maniera più evidente sentiamo che la nostra vita dipende da Dio. La malattia ci fa sperimentare “l’incertezza, il timore, a volte lo sgomento pervadono la mente e il cuore” ha scritto Francesco, in questa situazione sperimentiamo l’impotenza: “la nostra salute non dipende dalle nostre capacità” nessun nostro affanno ce la può ridare.
Giobbe, solo nella sofferenza
La malattia porta a domanda di senso. Chi vive nella fede cerca in Dio una risposta, un significato per poter vivere la propria situazione con speranza. Non sempre – ricorda il Papa – la risposta è immediata ed è necessario stare con la domanda; non sempre amici e parenti possono aiutarci a trovare una risposta alla sofferenza, com’è successo a Giobbe.
La moglie e gli amici di Giobbe, ricorda Papa Francesco, invece di sostenerlo, nel momento della sofferenza “lo accusano amplificando in lui solitudine e smarrimento. Pur in questa situazione “di abbandono e di incomprensione” e di “estrema fragilità“, Giobbe respinge ogni ipocrisia e sceglie “la via della sincerità verso Dio e verso gli altri“. La sua preghiera insistente alla fine trova una risposta e Dio gli apre “un nuovo orizzonte“: la sofferenza non è data come punizione o castigo, e nemmeno perché si è lontani da Dio o perchè egli è indifferente all’uomo che soffre. Giobbe, ferito e risanato dichiara la sua fede nel Signore: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto“.