Entertainment industry al tappeto. Sempre più isolata. Sempre più abbandonata a se stessa. Sempre più artefice, probabilmente, del proprio (tragico) destino. Performance catastrofiche, il rischio è quello di raschiare definitivamente il fondo del barile. C’era una volta il mondo della notte, la “movida selvaggia”, c’erano le discoteche, autentico tempio del divertimentificio.
C’era un po’ di tutto: luci, musica, drink, emozioni, flirt, fidanzamenti, sbornie e perfino scazzottate. Oggi, ai tempi del Coronavirus, non è più così. Distanziamento all’ordine del giorno, escluso ogni tipo di socializzazione. La salute è la priorità, su questo non si può discutere. Ma nel contempo, di fronte al caos generale, si fa fatica a trovare una soluzione che possa mettere d’accordo tutti. L’unica certezza è che qualunque emozione, qualunque paso doble o ricordo della serata in disco è rinviato a data da destinarsi. Almeno sulla carta, perché continuano le feste “parallele”, nonostante le misure adottate dal governo.
Discoteche, quelle ufficiali, davvero in via di estinzione? Non possiamo saperlo, di certo oggi più che mai i locali notturni sono alla ricerca del business perduto, alla ricerca di sussidi ingenti e costanti, alla ricerca di tutele economico-giuridiche e di un sostegno pragmatico da parte dello Stato. “Perché in Germania e in altri paesi europei gli aiuti arrivano e in Italia invece si fa fatica a ricevere risposte e adeguate risorse economiche in aiuto al nostro settore?” E’ questa una delle domande più comuni che si pongono gli imprenditori della notte. E hanno tutto il diritto di farlo, perché gran parte di loro hanno compiuto enormi sacrifici in questi mesi per adeguarsi all’emergenza, mettendo in atto rigorose procedure di controllo e disinfezione, costosi meccanismi di sanificazione, ingressi contingentati e registrati, assumendo perfino nuovo personale addetto al rispetto delle norme anti-contagio.
Ciò senza dimenticare che il mondo della notte (la movida in termini più chic) attira turisti e crea occupazione. Ciononostante, le discoteche rimangono chiuse e, di fronte alla situazione attuale, non si riesce a trovare segnali confortanti. Insomma, un periodo sostanzialmente a “incasso zero”, un record negativo senza precedenti per l’industria (quella originale) dell’intrattenimento. In particolar modo, nel nostro paese, il numero delle discoteche abbatte quota 3.000 unità, con un giro d’affari complessivo (non soltanto locali e indotto, anche eventi) di miliardi e miliardi di euro. Cifre emblematiche, numeri di un settore troppo grande per poter scomparire.
Ma se da un lato le preoccupazioni sono forti e si parla di “pericolo concreto di estinzione” continuando di questo passo, dall’altro continuano ad esserci alcuni “balordi” della notte che se ne infischiano delle misure governative e anche della propria salute. C’è chi parla di Covid Party, c’è chi pensa di fuggire a San Marino per ballare, chi organizza party o feste abusive in casa propria o in location “fuggitive” con musica, dj-set e somministrazione di alcolici, senza nessuna autorizzazione e ovviamente senza mascherina e distanziamento, creando quello che può essere definito un mondo parallelo e assai pericoloso. Alla faccia della legge e degli imprenditori per bene. Come dire, oltre al danno la beffa.
Che futuro avranno le discoteche? L’augurio è di tornare presto alla normalità, anche se molto dipenderà dagli sviluppi dell’emergenza Covid-19 e dalle decisioni del governo e degli scienziati che, magari, si staranno già chiedendo: “Conversione a food, spettacoli musicali e live-show potrà essere in futuro una delle alternative alla definizione più classica di discoteca?”.
Discoteca: un’industria da salvare prima che sia troppo tardi.