Stefano Leo, il ragazzo ucciso solo perché era felice, mentre passeggiava sul Lungo Po, a Torino, ha ricevuto giustizia. Said Mechaquat, il 27enne, originario del Marocco ma con cittadinanza italiana, è stato condannato stamattina dal gup Irene Gallesio a 30 anni. Said camminava nella zona dei Murazzi ed ha colpito alla gola il ragazzo, commesso di 33 anni di Biella.
I fatti risalgono al 23 febbraio del 2019: il delitto avvenne alle 11 del mattino ai Murazzi del Po, ai piedi della scalinata di corso San Maurizio, quando Said ha ucciso il giovane che non conosceva. In quel momento, si trovava in forte stato di disagio, non avendo un posto in cui dormire ed avendo perso il lavoro.
Si consegna spontaneamente alla polizia, un mese dopo, il 30 marzo, ammettendo la colpa e definendo l’efferato delitto una scelta consapevole. Afferma infatti di aver scelto un giovane ragazzo italiano per colpire Torino, poiché quella città non gli aveva dato quello che voleva: la scelta in particolare di Leo dipendeva dal fatto che avesse un’aria felice, ciò che a lui mancava.
Mai un segno di pentimento: per questo motivo i Pm Ciro Santoriello e Enzo Bucarelli hanno ritenuto che l’accusato non meritasse uno sconto di pena né alcuna attenuante generica e hanno richiesto una condanna a 30 anni. Presenti in aula durante la sentenza c’erano anche la mamma di Stefano, Mariagrazia Chiri. Accanto a lei c’erano il compagno Alberto e gli avvocati Nicolò Ferraris e Gabriele Filippo.
La madre Mariagrazia afferma che niente potrà mai riportare in vita suo figlio, ma che si ritiene soddisfatta perché la giustizia ha fatto il suo corso ed è stato dato il massimo della pena. L’avvocato di Said, Basilio Foti, invece, si ritiene non soddisfatto in quanto aveva richiesto la semi-infermità mentale per il suo assistito che si era costituito, ritenendo che in appello sarà ridotta la pena.