Facebook, il social da oltre 2 miliardi di utenti in tutto il mondo, si è reso protagonista di importanti decisioni, come l’avvio del test per i micropagamenti Facebook Pay su WhatsApp in Brasile, il rilascio di un nuovo logo nella propria app per Android, e lo sblocco di talune inserzioni bannate a inizio pandemia. Anche i motivi di discussione, con contrasti emersi in Australia, e algoritmi anti deepfake video poco efficienti, non sono mancati.
La prima novità facebookiana di avvio settimana è di carattere estetico-riassuntivo, e si è concretizzata nel varo di una nuova icona per Facebook Inc all’interno della schermata di benvenuto, “splash screen“, che si palesa appena si entra nell’app di Facebook per Android: il nuovo logo dispone di una seconda riga, al cui interno sono elencate le principali realtà che fanno parte del gruppo di Menlo Park, tra cui Oculus, Facebook, Instagram, Messenger, e WhatsApp. Al momento, non è chiaro se il gruppo di Mark Zuckerberg intenda riproporre la stessa novità anche nelle altre applicazioni che rientrano sotto il suo controllo.
Ancor più importante è quanto varato in Brasile, ove – con la collaborazione di partner locali (Cielo, Nubank, Banco do Brasil, Sicredi) – è partito il test per i micropagamenti tramite WhatsApp che, rispetto a quanto collaudato in India (a base UPI ), trova il suo fondamento nell’infrastruttura di Facebook Pay. Tramite il sistema in questione, che localmente dovrebbe coinvolgere 10 milioni di medie e piccole imprese, queste ultime, mediante l’account presso WhatsApp for Business, riceveranno i pagamenti dagli utenti corrispondendo una piccola commissione a Facebook (in linea con quanto avviene con l’uso delle carte di credito), mentre gli utenti effettueranno i pagamenti senza alcun costo o fee.
Il sistema, che finirà per coinvolgere anche Instagram e le altre app di Menlo Park, permetterà anche trasferimenti di denaro tra gli utenti e, in futuro, potrebbe servire per partecipare a campagne di crowdfunding o a pagare gli acquisti in-app nei giochi: da un portavoce di Facebook, inoltre, è stato confermato a TechCrunch che Facebook Pay, attualmente funzionante anche nel Regno Unito e negli USA, arriverà “presto” in altri mercati, Italia compresa.
Sulle pagine del social, invece, come comunicato da Facebook Inc mediante il suo blog aziendale, torneranno a essere pubblicizzate le mascherine, bandite a inizio pandemia da coronavirus, seppur con qualche distinguo: le mascherine che torneranno a campeggiare sul social non saranno quelle filtranti o quelle chirurgiche (ancora bandite per evitare speculazioni o truffe), ma quelle lavabili e/o in stoffa, il venditore dovrà essere registrato presso Facebook da almeno 4 mesi, e non dovrà far passare tali mascherine come dispositivi medici di protezione.
Infine, alcune notizie “in salsa blu” destinate a far molto rumore. Negli scorsi giorni si è tenuta la nuova edizione della Deepfake Detection Challenge a cui hanno partecipato più di 2.000 esperti i cui sistemi smart di rilevamento dei fake video, testati su un set di 100.000 clip, non sono andati oltre, nel caso del modello più efficiente, il 65.18% di precisione. Non meno discutibile è stata la risposta fornita da Facebook alla commissione australiana di tutela della concorrenza e del consumatore (ACCC), secondo cui il social non pagherà gli editori locali per il riportare le loro notizie posto che, anche dopo la modifica dell’algoritmo del 2018, la piattaforma ha comportato un aumento di click (2.3 miliardi) verso le loro pagine, equivalente a ricavi per 195.8 milioni di dollari. Anche rinunciando a tali notizie, fanno sapere da Menlo Park, l’impatto sui guadagni di Facebook sarebbe ritenuto “non significativo“.