POZZALLO – Il racconto di alcuni emigranti sopravvissuti in uno dei tanti sbarchi avvenuti in questi giorni è agghiacciante e rivela particolari che umiliano e offendono ancora di più la memoria delle persone che hanno perso la vita nel tentativo di migliorarla.
Ecco alcune testimonianze: “Li hanno ammazzati, ci hanno affondato perché volevano trasferirci su un’altra barca più piccola. Eravamo oltre 500, uno sopra l’altro, e quando ci hanno detto che dovevamo andare su quell’altra barca ci siamo rifiutati perché saremmo sicuramente finiti in fondo al mare. A quel punto gli scafisti, quelli che ci avevano caricato nel porto di Damietta in Egitto, ci hanno speronato fracassando la prua e siamo finiti tutti in mare. Noi ci siamo salvati, ma gli altri, centinaia di persone, sono tutte annegate”.
Tra questi sopravvissuti c’è Hamed, un ragazzo palestinese di appena 16 anni, che era ricoverato all’ospedale di Pozzallo e ora è fuori perché è stato dimesso. Adesso si trova con altri suoi coetanei nel reparto dei minori del centro d’accoglienza di Pozzallo, ma è ancora scosso dalla vicenda che ha vissuto e aggiunge che lui è stato salvato dal mercantile “Pegasus”, e insieme a lui altri 9 o dieci ragazzi, ma gli altri sono morti tutti e sono finiti nelle acque che li ha inghiottiti senza riserve.
Gli scafisti responsabili di quell’omicidio di massa sono scappati e forse adesso sono già in Egitto, ma su di loro indaga la Procura di Catania. Il ragazzo palestinese racconta che gli scafisti erano tre o quattro, ed erano gli stessi uomini che li avevano prelevati il 6 settembre mentre si trovavano in un capannone di una spiaggia d’Egitto. Erano in 500, e tra loro molti palestinesi, numerosi siriani e sudanesi, ma erano troppi per stare su quel barcone.
Il ragazzo continua dicendo che per questo motivo li avevano fatti salire su altri barconi per tre volte, ma poi sono finiti su una barca più piccola di quella precedente, che sembrava affondare da un momento all’altro. Hamed ricorda che molti di loro avevano detto agli scafisti: “Non possiamo andare su quella barca, come facciamo a entrarci tutti?” E’ stato a quel punto che li hanno speronati e li hanno buttati in mare.
Il ragazzo continua dicendo che gli scafisti guardavano coloro che chiedevano aiuto, ed erano impassibili mentre stavano per annegare. La scena in mare era tremenda, e Hamed, che vedeva il mare per la prima volta, vedeva quella strage con orrore ed ora ricorda:”Quando ho visto quella grande nave che avanzava lentamente ho alzato una mano per chiedere aiuto, non avevo più voce né forza. Ho avuto paura perché pensavo che non mi vedessero. Invece, per fortuna, non è stato così. Hanno calato una piccola barca in mare e mi hanno salvato”.
Hamed ora vorrebbe raggiungere alcuni parenti che si trovano in nord Europa, in Norvegia, dove ha dei cugini, e dove vorrebbe ricominciare una nuova vita.