Shoah: bambini ingannati promettendo di riabbracciare la mamma

Oggi, 27 gennaio, ricorre la Giornata della Memoria: in molte sale viene riproposto il documentario della Fondazione Museo della Shoah, 'Kinderblock-L’ultimo inganno', che racconta la tragedia delle piccole vittime del dottor Mengele.

Shoah: bambini ingannati promettendo di riabbracciare la mamma

La Shoah raccontata da un bambino di 8 anni, Sergio De Simone. Il piccolo, nei 54 minuti del documentario ‘Kinderblock-L’ultimo inganno’ (2017), guida lo spettatore nel viaggio drammatico, “storico e geografico, da Napoli a Fiume, dalla Risiera di San Sabba ad Auschwtiz-Birkenau e poi ad Amburgo“, come scrive vaticannews.va.

Sono pochi i bambini superstiti, tra questi Andra e Tatiana Bucci, cugine di Sergio, che nel documentario raccontano quali atrocità avvenivano nei campi di sterminio e l’orrore degli sperimenti del dottor Josef Mengele sui bambini. Il medico e criminale di guerra veniva soprannominato “Angelo della Morte”.

Sergio, figlio di madre ebrea e padre cattolico, la mattina che è stato preso, nel ’44, si trovava a Fiume: da lì fu condotto con la mamma e la famiglia di lei ad Auschwitz. Arrivati su di un treno blindato, sono stati accolti dal dottor Mengele che cominciò subito a selezionare le sue vittime. Sergio e le due cugine si somigliavano, e vennero scambiati per gemelli.

Sergio è l’unico bambino italiano “cavia umana per esperimenti condotti nel campo di concentramento di Neuengamme, presso Amburgo”: con lui c’erano circa altri 20 piccoli. Con la promessa ingannevole di ritrovare la propria mamma venivano scelti, come ha raccontato anche Maria Pia Bernicchia nel libro “Chi vuole vedere la mamma faccia un passo avanti…”. Sono morti trucidati, tutti, nella sede distaccata di Bullenhuse Damm, quando gli alleati erano ormai alle porte.

Sergio è tra questi, vuol vedere la mamma, e muore. Nel documentario, il piccolo rivive le vicende grazie alle cugine Andra e Tatiana Bucci, figlie di madre ebrea e padre cattolico, e al fratello Mario, nato alla fine della Shoah dopo che la mamma fu tornata a Napoli.

Il regista del film, Ruggero Gabbai, riferisce che “è stato tremendo perché si sente ancora lo spirito di questi bambini che hanno sofferto così tanto”: filo rosso del documentario, il cui autore è lo storico conoscitore della Shoah, Marcello Pezzetti, “è la presenza di Sergio che non è una presenza, perché non è mai tornato dalla guerra”.

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