Domenica 13 ottobre quasi 30 milioni di polacchi sono stati chiamati alle urne. Considerata la tornata elettorale più importante dal 1989, le elezioni hanno confermato l’attuale esecutivo retto dal PiS, il partito di Diritto e Giustizia di Lech Kaczynski.
Intervistato dal quotidiano Repubblica, a voler dire la sua su questo storico risultato è stato Lech Walesa, il fondatore di Solidarnosc, il sindacato che con il suo operato contribuì ad abbattere la dittatura comunista che aveva soffocato il paese per oltre 40 anni. Lui che iniziò a lavorare come semplice elettricista nei cantieri navali di Danzica, nel giro di qualche anno divenne leader di un movimento che si prefiggeva di raggiungere la democrazia e gli standard di vita dell’Europa Occidentale.
Premio nobel per la pace nel 1983 oltre che primo presidente della Polonia post-comunista, ancora oggi è considerato un personaggio autorevole, in grado di poter spiegare quelle che sono le dinamiche politiche del suo paese. A 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino e dall’esperienza repressiva della repubblica popolare, il politico originario di Popowo ha messo all’indice l’attuale leader del PiS, così come le idee del suo partito nazionalista, ultraconservatore e clericale.
Pur non avendo vinto le elezioni, Walesa si dice confortato dalla tenuta delle opposizioni. Lui che ancora oggi non nasconde la sua indole da rivoluzionario, vede però delle prime crepe nelle politiche dei più grandi populusti dell’Europa Orientale. Kaczynski e Orban continuano ad avere un grande seguito, ma qualcosa sta iniziando a vacillare. Dal suo punto di vista, leader autoritari di questo genere “causano molti problemi ma sono convinto che un giorno saranno sconfitti. Perché non rappresentano la giusta via per l’Europa e il mondo. Gli autocrati non sono invincibili, devono essere sconfitti, dobbiamo sconfiggerli“.
Per mettersi alle spalle l’egemonia di questo genere di politica, sarebbe però necessario cambiare mentalità. “Ci manca un sistema di idee e valori all’altezza dell’era dello sviluppo tecnologico” ha precisato aggiungendo che sarebbero necessarie soluzioni di più ampio respiro, che rendano i suoi concittadini più aperti e globali. Per assurdo, in quest’epoca di transizione si fa leva sulle paure che stanno risvegliando i demoni del passato. La corsa alle armi, i continui attacchi a Russia e Germania, il ricorso al carbone come fonte energetica primaria oltre all’asservimento della televisione pubblica alle esigenze del partito al governo, sono il retaggio del passato che torna a bussare alla porta di un paese sempre più litigioso e diviso in due.
Lui stesso accusato dall’attuale maggioranza di essere un vile doppiogiochista, in quanto spia dei servizi di sicurezza comunisti per i quali agiva sotto il nome in codice di “Bolek”, chiede pertanto a tutti coloro che hanno a cuore gli ideali della democrazia e libertà di unirsi. Cruciale diventa quindi collaborare per creare strutture e organizzazioni comuni, che evitino il nascere di fobie che portino a chiudersi a riccio all’interno dei propri confini nazionali. “Se respingono la globalizzazione rifiutano l’intera tendenza del progresso tecnologico che rende il mondo più unito di sempre. Dobbiamo rinnovare le nostre istituzioni, non chiuderci in frontiere e animi. Purtroppo il sistema partitico tradizionale non rappresenta più i potenziali elettori, la gente non sa più quali partiti la rappresentino”.