Quello attuale è, senza dubbio, un pessimo momento per i big della tecnologia, in particolar modo per Facebook che, a seguito dell’affaire “Cambridge Analytica”, è stata condannata a una multa di 5 miliardi di dollari, e per Google, in procinto di essere sanzionata per aver spiato i minori di 13 anni tramite YouTube, a scopo di profilazione pubblicitaria. A quanto pare, però, per le due aziende in questione, le grane non sono affatto finite.
È notizia delle scorse ore che si avvia a conclusione, dopo ben 9 anni dal suo inizio, l’indagine avviata nel lontano 2010 per il caso “Wi-Spy”, in base al quale le auto di Google Maps, intente a girare per le strade di mezzo mondo (nello specifico, 30 paesi), con lo scopo di ottenere riprese a 360° da integrare in Street View, nell’agganciarsi alle reti Wi-Fi scoperte che incontravano, hanno finito per acquisire i dati personali degli utenti ad esse collegati.
La vicenda, ammessa per altro dalla stessa Google, che rendicontò d’essere entrata in possesso sia di dati identificativi, che di password e mail delle “vittime”, si concluderà a breve con una multa di 13 milioni di dollari.
Una beffa, se si considera che tale ammenda è 1/6 di quanto fattura Mountain View in una sola giornata, e tenuto conto che non tutti gli utenti coinvolti, difficili da identificare dopo tanti anni, riceveranno un risarcimento (di fatti limitato a 20 persone che, all’epoca, denunciarono l’accaduto tramite una class action). Google, a tal proposito, nel promettere una maggiore tutela e protezione della privacy in futuro, ha rivelato che procederà con la cancellazione di ogni dato sensibile “inavvertitamente” raccolto all’epoca dalle sue Cars mappatrici.
Anche Facebook, che si appresta a chiudere a caro prezzo lo scandalo Cambridge Analytica, è finita nuovamente nell’occhio del ciclone, per quanto successo questa volta con l’app Messenger Kids (più che altro usata in Canada, USA, Messico, e Perù) quale strumento di parental control per consentire ai bambini di chattare, ma solo con contatti validati dai genitori.
A quanto pare, per un bug, attivo non si sa da quanto tempo, ed a danno di chissà quanti minori coinvolti, gli adulti potevano creare delle chat di gruppo, alle quali invitare altri adulti, con la conseguenza che i propri amici minori finivano in contatto con altri adulti, non autorizzati dai genitori dei primi, all’insegna di un potenziale pericolo di pedofilia (o di esposizione a contenuti inadatti, come accaduto tempo fa agli users di YouTube Kids, coinvolti nella visione di cartoni animati violenti e per adulti).
La questione, non ammessa pubblicamente da Facebook, scoperta da The Verge in base ad alcune segnalazioni ricevute, si è risolta con Facebook che, dopo aver sanato il bug e chiuso i gruppi incriminati, ha avvisato alcune migliaia di genitori coinvolti, fornendo loro risorse aggiuntive per la sicurezza online e su Messenger Kids. Considerando che tale app, rivolta ai minori di 13 anni, ricade sotto l’egida del COPPA (Children’s Online Privacy Protection Act), è verosimile pensare che il tutto avrà ulteriori ripercussioni. anche di stampo legale, posto che da sempre varie ONG per la tutela della riservatezza avevano accusato M.K di profilare i minori (raccogliendone i dati) e di non essere sicura.