Attualmente, le due direttrici sulle quali sembra muoversi il più popolare social network al mondo, Facebook, sono quelle che portano verso il varo della propria criptomoneta, e l’affermazione della piattaforma Watch: il tutto, a quanto pare, procederebbe speditamente, al netto anche dell’ennesimo scandalo sulla privacy emerso nei giorni scorsi.
La prima novità facebookiana di quest’avvio di fine settimana riguarda la criptomoneta di Menlo Park, di cui molto si è parlato di recente. Secondo uno scoop pubblicato dal Wall Street Journal, che cita persone informate sui fatti, quasi sicuramente interne all’azienda, la moneta in oggetto, chiamata Libra, sarà presentata la prossima settimana, e resa effettiva nel corso del 2020: a gestirne il funzionamento sarà un pool (“Libra Association”) di aziende hi-tech e dell’economia, tra cui PayPal, MasterCard, Visa, Uber, Booking.com, Stripe, e Mercado Libre (ed altre che si aggiungeranno eventualmente in futuro) ognuna delle quali metterà a disposizione un fondo di 10 milioni di dollari per il lancio ed il funzionamento della valuta, preservata dalle oscillazioni grazie all’ancoraggio verso un paniere di monete reali (es. il dollaro) emesse dai governi. Al momento, sembra che non sia stata fatta menzione di Amazon, forse considerando che la società di Jeff Bezos ha già un sistema proprio, Amazon Pay, che consente di essere utilizzato per pagare gli acquisti su vari siti online.
Nelle intenzioni di Mark Zuckerberg, Libra (o GlobalCoin) sarà usata per gli scambi di denaro tra gli utenti, magari grazie al connubio tra WhatsApp/Instagram/Messenger, ma anche per supportare gli acquisti online, nei vari e-commerce, o su Facebook stessa.
Anche la piattaforma per i video Watch sembra destinata a un gran futuro. Lanciata un anno fa, ha già ottenuto un buon pubblico, o audience, considerato che ogni mese 720 milioni di persone vi guarda almeno 1 minuto di contenuti (su base giornaliera, la cifra è di 140 milioni): per tale motivo, Watch è già in corso di potenziamento con una funzione che permetterà alle persone di trovare gruppi affini sulla base dei video visti e piaciuti e, presto, una volta conclusi i test, disporrà di un ulteriore modo per consentire alle persone di guardare assieme e commentare i video (come nei Watch Party o in Premieres).
Ovviamente, una TV che si rispetti punta molto sui contenuti oltre che sulle funzioni, per aver successo e, in tal senso, sono stati svelati i nomi delle nuove produzioni “Watch Originals” previste, nei prossimi mesi, con Luglio che includerà Human Discoveries, Agosto che vedrà trasmessi Huda Boss 2 , Ball in the Family 5, Five Points 2, Curse of Akakor, ed Ottobre che vedrà scendere in campo Sorry For Your Loss 2, Limetown, e The Birch: altri contenuti arriveranno da canali e società di produzione specializzate in intrattenimento e sport (es. l’australiana Seven Studios Pty Limited o la teutonica ProSiebenSat.1), o dal programma che metterà in contatto editori e videomaker.
Infine, l’immancabile scandalo settimanale legato alla privacy, costato a Zuckerberg il 2.06% del valore azionario della sua azienda alle ultime contrattazioni della Borsa, portato alla luce ancora una volta dalla penna del Wall Street Journal: come noto, dal 2012 Facebook è sottoposta ad un accordo vincolante con la Federal Trade Commission, che ne analizza regolarmente i comportamenti onde valutarne l’impegno a tutelare la privacy degli utenti.
Ebbene, alcune missive finite tra le mani del noto quotidiano finanziario americano suggerirebbero che, per Zuckerberg e diversi suoi manager, consapevoli delle violazioni della privacy, come avvenuto per il caso Project Atlas (di recente riavviato come Facebook Study), il rispetto dell’accordo con la FTC non fosse ritenuto prioritario. Considerando che presto il medesimo Ente, impegnato a concludere le indagini sul caso Cambridge Analytica, potrebbe comminare una maxi multa verso Menlo Park (e, forse, decidere per le responsabilità personali attribuite al suo CEO), non stupisce che l’inchiesta del WSJ sia subito stata attenzionata con una risposta ufficiale del social network che ha confermato di aver collaborato apertamente con le istituzioni, mettendo a loro disposizione decine di migliaia di file, con lo scopo di “arrivare a un’appropriata soluzione“, spiegando che la società in blu si è sempre battuta per il rispetto di ogni normativa, e che mai il suo management ha violato “deliberatamente” i termini parte dell’accordo consensuale di cui sopra.