La mamma di Alessandro, Katerina Mathas, è stata condannata a 4 anni di reclusione per abbandono di minore. La donna è stata invece assolta dall’accusa di omicidio del figlio di 8 mesi, trovato morto il 15 marzo del 2010 a Nervi, in provincia di Genova. Secondo il pm, infatti, a uccidere il bambino è stato il compagno della donna, Giovanni Antonio Rasero. L’imputato dovrà affrontare un nuovo processo d’appello dopo che ha ricevuto una condanna a 26 anni in primo grado, mentre aveva ricevuto l’assoluzione in secondo, poi cancellata dalla Cassazione.
La donna è stata assolta dall’accusa di omicidio volontario per non avere commesso il fatto e non le hanno nemmeno riconosciuto l’aggravante della morte avvenuta per abbandono di minore. Alla donna è stata anche riconosciuta l’interdizione dai pubblici uffici per un periodo di cinque anni. Secondo la ricostruzione del caso, il bambino morì a causa delle botte ricevute durante la notte trascorsa con la madre e il compagno in un hotel di Nervi. I due avevano ammesso di aver abusato di cocina quella sera e di essere abbastanza alterati.
Esce come uno sfogo e una liberazione il commento della donna alla sentenza: “Finalmente è stato accertato che non ho ucciso mio figlio”. Katherina Mathas ha atteso la sentenza all’interno dello studio dell’avvocato Igor Dante, che si occupa della sua difesa insieme a Paolo Costa e a Manuele Ciappi. Una sorta di serenità e di pace si è vista nel viso della donna che, dopo tanto tempo, ha visto la sua estraneità all’omicidio del piccolo Alessandro, anche se la notte che è morto lei era con il figlio. Ben diversa la posizione dell’ex compagno, che presto subirà un nuovo processo e si attende con ansia anche questa sentenza, perché dovrebbe riconoscere in Rasero il vero colpevole della morte del bambino.
Il piccolo, che non c’entrava nulla, è stato vittima di un libero sfogo di Rasero, che in Alessandro ha visto forse una palla al piede per non poter fare con la madre ciò che voleva. O forse il suo pianto può averlo disturbato e infastidito al punto di volerlo uccidere per farlo tacere per sempre.