Facebook, che pure ha avuto modo di festeggiare la fine della settimana con un importante traguardo, relativo a una delle sue app più importanti, si appresta ad introdurre un sistema di televendite: anche le note negative, però, non mancano, con una multa di 10 milioni di dollari, comminata dall’Agcom e l’intenzione di localizzare l’utente nei negozi, per poter offrire pubblicità mirate.
Qualche ora fa, Facebook ha comunicato i dati relativi ad un importante traguardo raggiunto dalla sua app Facebook Lite: quest’ultima, resa volutamente leggera (1 MB in memoria) e poco esosa di traffico dati, dopo l’esordio globale nel Play Store di Android 4 anni fa, arricchitasi delle Storie e delle Reactions, risulta essere soggetta, ad oggi, a più di un miliardo di installazioni. Mica male, considerando che, in teoria, sarebbe destinata ai paesi in via di sviluppo.
Molto importante è anche la notizia che proviene dalla lontana Thailandia, ove Facebook è molto apprezzato anche per il suo sistema di pagamento in-app, in base alla quale il social sta testando, coinvolgendo pochi utenti, diversi strumenti a favore dei venditori/inserzionisti.
Il primo di tali strumenti prevederebbe la possibilità – per i seller – di disporre dei video in diretta come fossero televendite, con la possibilità degli utenti di comprare quel che vedevano in promozione (via pagamenti interni), o di inviare uno screenshot al venditore, via Messenger, per chiedergli maggiori dettagli in merito. In più, per aiutare coloro che vorrebbero visitare una casa da affittare, ma non possono a causa della distanza, si stanno collaudando – sempre tramite le dirette live – delle “esplorazioni remote” delle abitazioni che interessa conoscere da vicino: infine, ad alcuni influencer locali è stato permesso di creare delle Pagine in cui parlano dei prodotti che usano, anche nei loro tutorial, in modo da attrarre gli utenti verso gli articoli, con la finalità di indurli ad un acquisto in-app.
Naturalmente, qualche grana era da mettere in conto, per quel che riguarda Facebook. Quest’ultima, a seguito della conclusione dell’istruttoria avviata nell’Aprile del 2018, è stata condannata dall’Agcom (Autorità garante della concorrenza e del mercato) al pagamento di 10 milioni di euro per aver violato in varie parti il nostro Codice del Consumo: in particolare, al momento dell’istruzione degli utenti, avrebbe calcato la mano sulla gratuità dei servizio, senza spiegare bene le finalità remunerative e commerciali dei dati che sarebbero stati raccolti, evitando – così – una scelta consapevole o meno. Se ancora non fosse abbastanza, avrebbe anche messo in atto un indebito condizionamento allorché, dicendo che limitando il consenso alla trasmissione dei dati verso terzi, si sarebbe avuto un servizio meno personalizzato e completo, motivo per il quale gli iscritti avrebbero spesso deciso di lasciare le opzioni preimpostate.
Al momento, Facebook ha spiegato di star esaminando la decisione dell’ente summenzionato, anticipando – però – di aver già modificato le sue Condizioni d’uso, e spiegato meglio agli iscritti il modo in cui vengono usati i loro dati, offrendo loro anche una più facile reperibilità per le impostazioni sulla privacy.
Dulcis in fundo, si fa per dire, la questione privacy, tornata sotto i riflettori dopo che il Parlamento inglese aveva sequestrato a Facebook un faldone di 250 pagine, per metterle a disposizione della commissione d’inchiesta sul caso Cambridge Analytica: da alcune mail di interesse comune pubblicate, emergerebbe che Facebook avrebbe pensato, via aggiornamenti, di manipolare i permessi Android per ottenere l’accesso agli SMS ed ai dettagli delle chiamate (compreso destinatario ed orario), onde migliorare la funzione “persone che potresti conoscere”, senza dover chiedere il permesso agli iscritti. Inoltre, sempre nell’ottica delle politiche di espansione, si studiò (ma senza mai applicarlo, a quanto pare), l’uso della connessione Bluetooth per sapere quando l’utente entrava in un tal negozio, per mostrargli pubblicità specifiche e mirate.