I problemi, per il più grande social network del mondo, Facebook, non sembrano finire mai, come testimoniato da alcune inchieste giornalistiche, da talune dichiarazioni di Zuckerberg, e da un nuovo e potenziale scandalo per la privacy. Allo stesso modo, neanche le innovazioni della piattaforma conoscono sosta, considerato l’arrivo della notifica anti troll, dei satelliti per globalizzare la connessione internet.
In seguito ad un’inchiesta del Wall Street Journal, invece, Facebook avrebbe deciso di sospendere – nel mentre le indagini sono ancora in corso – un’altra azienda, la Crimson Hexagon, fondata nel 2007 a Boston da un noto ricercatore statistico della Harward University. Benché Zuckerberg abbia dichiarato che tale azienda non avrebbe raccolto dati in modo inappropriato, il pericolo di un nuovo scandalo privacy è fortissimo: l’azienda sotto indagine, infatti, ha affermato di aver raccolto – tra Twitter, Instagram, e Facebook – 1.000 miliardi di post che, analizzati anche nelle immagini tramite l’AI, le hanno permesso di scoprire cosa gli utenti pensassero di alcuni brand. Considerando che tra i clienti di Crimson Hexagon vi sono anche il governo turco, quello americano, ed una ONG legata a quello russo, le cautele si sono dimostrate dovute.
Qualche giorno fa, inoltre, Canal 4 – dopo aver reso noti i colloqui privati dei dirigenti di Cambridge Analytica con i suoi clienti – ha mandato in onda anche un’inchiesta intitolata “Dentro Facebook: i segreti del social network”, incentrata sulle direttive che Menlo Park dà ai suoi moderatori sulle cose da ignorare e su cui lasciar correre. Il giornalista che ha fatto da insider, all’interno di CPL Resources, l’azienda di moderatori terzi in partnership con Facebook dal 2010, ha spiegato che gli sia stato ordinato di ignorare gli utenti che avrebbero meno dell’età imposta dal Child Online Protection Act (13 anni, negli USA), di fare lo stesso con le storie false presentate come vere (attirerebbero click, generando maggior permanenza degli utenti, ed entrate pubblicitarie, secondo anche un ex investitore di Facebook, Roger McName), e di lasciar superare la soglia di cancellazione alle pagine dei gruppi di estrema destra.
Un qualcosa che, in effetti, si intona bene con quanto dichiarato da Zuckerberg al portale ReCode, secondo il quale il compito del social non è quello di censurare le notizie non vere quanto di ridurne la diffusione, tutelando anche il diritto delle persone di sbagliare, per esempio proferendo argomentazioni sulla negazione dell’Olocausto. L’unico caso nel quale Facebook interviene con la rimozione dei contenuti, ha spiegato il giovane CEO, è quando un dato post può tradursi in attacchi, danni reali e/o fisici a individui.
Inutile dire che la ong Anti-Defamation League, internazionale ma con sede negli USA, non l’ha presa proprio bene e, di conseguenza, anche per stoppare i prodromi della precedente inchiesta, la vice responsabile della policy internazionale del gruppo, Monika Bicket, ha spiegato che, a partire da Dublino, verranno tenute sessioni di riqualificazione del personale di moderazione, in modo da accertarsi, poi, che non lavori più nella moderazione dei contenuti di Facebook chi non sia in linea con i suoi valori.
Inoltre, si è confermato che il network avvierà collaborazioni con selezionate organizzazioni esterne col fine di appurare l’eventualità che determinati post, contenendo informazioni inaccurate, possano portare ad episodi di violenza e, nel caso ambedue le condizioni venissero riscontrate, scatterà la rimozione totale del contenuto.
A ciò si aggiunge anche la contromisura annunciata in merito ai tanti iscritti minorenni, presenti sia su Instagram che su Facebook: il team di Zuckerberg, dal blog ufficiale, ha comunicato in passaggio ad un approccio di controllo attivo. Non si interverrà solo in seguito ad una segnalazione (in tal caso, reputando la mancanza del requisito anagrafico, l’account verrà sospeso in attesa di prove che dimostrino il possesso dei requisiti) ma, nello specifico, ai moderatori sarà conferito il mandato di andare letteralmente a caccia di profili che siano under 13 (operandone, quindi, la relativa sospensione). Fonti USA riferiscono che la misura sia già attiva oltreoceano, con molti profili che – bloccati per la questione dell’età – sono stati riattivati solo dopo l’invio di documenti d’identità.
Nel contempo, Facebook ha tentato di trarsi d’impaccio anche annunciando delle novità securtive e pro-attive. Oltre a quelle proposte a proposito di WhatsApp, per combattere la disinformazione, ve n’è anche una che riguarda Messenger, confermata dalla portavoce Dalya Browne: secondo l’addetta alle comunicazioni di Messenger e Facebook, si sta testando una funzione che dia agli utenti più informazioni sulle persone con cui non si sia mai parlato prima di modo che, in caso di contatto, si possa decidere cum grano salis. Nello specifico, nel caso l’algoritmo identifichi come falso un account, una notifica ci avvertirà della circostanza, spiegandoci se qualcuno si sia fatto passare per un nostro contatto, se abbia effettuato l’accesso da un numero di telefono, e da quale nazione chatti l’interlocutore (in ottica anti troll russi).
Infine, l’atavico proposito di Zuckerberg di connettere il mondo. Un recente dossier dell’International Telecommunication Union sponsorizzato dall’Unesco conferma che quasi metà dell’umanità non ha accesso ad internet. Per ovviare a tale problematica, anche Facebook è attiva: nel 2013, venne inaugurato il progetto Internet.org poi evolutosi in Free Basics (accesso gratuito in 60 Paesi ad alcuni siti, tra cui il social medesimo), reso illegale dall’India nel 2016 con varie accuse (accrescere il divario digitale, favorire alcuni contenuti a scapito di altri, etc). Si tentò, quindi, con i mini droni Aquila, altro progetto di recente accantonato. Ora è la volta di uno stormo di mini-satelliti “Athena” che, posizionati a 185 e i 2300 km dalla crosta terrestre, nella parte bassa dell’atmosfera, dovrebbero essere in grado di fornire banda larga alle zone del pianeta che ne sono sprovviste, o sotto fornite.