Bol Gai Deng, sud-sudanese di circa 30 anni e due metri di altezza, lavora alla Lowe’s, un mega negozio di casalinghi americano, ma il suo sogno è diventare il nuovo Presidente del Sud Sudan, la Nazione più giovane al mondo, che dopo 5 anni di guerra civile – 100mila persone decedute -, ha visto l’accordo di pace.
Il giovane sudanese è arrivato nei sobborghi di Richmond, in Virginia, nel 1999, ai tempi in cui era ancora permesso ai cittadini sudanesi rifugiati l’ingresso negli Stati Uniti, impossibile oggi con l’ordine restrittivo di viaggio, “Muslim ban“, voluto dal Presidente americano Trump.
L’età di Bol Gai Deng è calcolata sulle sue esperienze di vita, sui suoi ricordi. Un gruppo di mujahidin sudanesi lo avevano strappato dalla sua famiglia, genitori cristiani di etnia dinka e 12 fratelli, quando era piccolo. Abitava in un villaggio al sud del Paese, ancora non esisteva il Sud Sudan. Costretto, con le catene ai piedi, a pascolare le mucche, il ragazzino è riuscito a fuggire. Prima tappa della sua fuga è stata Khartum, la capitale del Sudan, poi ha raggiunto Il Cairo, in Egitto. Per alcuni mesi è rimasto in un campo di accoglienza per minori, quindi è stato chiamato negli Stati Uniti, con sè portava soltanto un cartellino che diceva “Lost Boy“, ragazzo perduto.
Da questo momento la vita di Bol Gai Deng è cambiata. Adottato da Jill, una donna che con coraggio e amore lo ha fatto crescere offrendogli una possibilità di vita diversa. Imparata la lingua, ha potuto accedere alla Commonwealth Virginia University. Uno dei suoi insegnanti, il professore di psicologia e Direttore ad interim e del Dipartimento per gli studi africani dell’ateneo, Shawn Utsey, ha riferito al Washington Post che Bol Gai Deng: “Era l’unico tra i ragazzi sudanesi che fuori dalle lezioni pensava sempre a come poter migliorare la situazione nel suo Paese, si dava da fare per aiutare gli altri rifugiati e faceva campagne di raccolta fondi per costruire scuole ed ospedali in Sudan“.
Bol Gai Deng, avrebbe voluto entrare nell’Fbi, non c’è riuscito, ma non si è scoraggiato anzi, ha cominciato a pensare ad altro: candidarsi alla presidenza del proprio Paese. Ha cercato i contatti giusti per permettere il realizzarsi del suo ideale: ha conosciuto i rappresentanti del Dipartimento di Stato americano; si è messo alla scuola di William Leighty, per imparare l’arte oratoria, ha cercato tra i fedeli della chiesa cristiana conservatrice Virginia Christian Alliance il suo staff. Poi, tre mesi fa, i primi comizi in Kenya, Uganda ed Etiopia, nei vari campi di rifugiati sfollati sud-sudanesi. Nei suoi viaggi ha promesso “democrazia, pace e una leadership non autoritaria, quella che, secondo l’ex ragazzo perduto, manca ai capi di Stato africani” scrive lastampa.it. Shawn Utsey, il professore di psicologia afferma che “Se si candidasse in America vincerebbe sicuro perché è genuino e racconta la sua storia“.
I colleghi di lavoro lo chiamano “Mr. President“, qualcuno lo sostiene nella sua campagna elettorale. Intanto il Parlamento sud-sudanese, ratificato il nuovo concordato di pace, ha riconfermato a Salva Kiir l’incarico presidenziale per altri tre anni. Ma il Sud Sudan, avverte ancora instabilità all’interno del Paese e tutto potrebbe ancora succedere, Bol Gai Deng è in pole position.