Processo Borsellino quater, i giudici: "Uno dei depistaggi più gravi della storia giudiziaria italiana"

Le dichiarazioni di "falsi pentiti" avevano provocato l'arresto di sette persone innocenti: l’accusa dei giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta.

Processo Borsellino quater, i giudici: "Uno dei depistaggi più gravi della storia giudiziaria italiana"

Secondo i giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, erano stati i “soggetti introdotti negli organi dello Stato” ad incitare Vincenzo Scarantino a dichiarare il falso sulla strage di Capaci, nella quale aveva perso la vita il giudice siciliano Paolo Borsellino.

Durante la sentenza dell’udienza Borsellino quater, la corte ha spiegato come le false affermazioni abbiano dato origine ad “uno dei depistaggi più gravi della storia giudiziaria italiana”. L’udienza ha visto come condannati all’ergastolo i mammasantissima Vittorio Tutino e Salvo Madonia, e a dieci anni per calunnia i finti pentiti Calogero Pulci Francesco Andriotta.

Per i giudici della Corte d’assise di Caltanissetta, il depistaggio era costato il carcere a sette persone innocenti, poi rimesse in libertà e scagionate nell’udienza di rettifica. Inoltre, quelle dichiarazioni infondate erano al fulcro di un grande depistaggio di Stato che avevano formato “un proposito criminoso”. Quest’ultimo era provocato dall’attività degli inquirenti che adoperavano le loro funzioni in maniera del tutto illecita. Nello specifico si fa riferimento ad Arnaldo La Barbera, dirigente di polizia che condusse le indagini sull’attentato. La Barbera, nel frattempo deceduto, avrebbe avuto una posizione decisiva nella realizzazione delle finte collaborazioni con l’autorità giudiziaria.

Il nesso tra il depistaggio e l’occultamento dell’agenda rossa

Arnaldo La Barbera, per i magistrati di Caltanissetta, sarebbe stato inoltre complice dell’occultamento dell’agenda rossa, come è evidenziato dalla sua reazione, caratterizzata da un’insolita irruenza, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in un’ardita attività d’indagine di verità sul decesso del padre. Inoltre, la Corte d’Assise di Caltanissetta ha sostenuto che l’agenda di Borsellino, il diario che il giudice conservava nella borsa, sparito dal luogo dell’attentato, includeva una serie di appunti utili per la ricostruzione, l’attività eseguita nell’ultimi anni della sua vita, dedicata alle indagini di notevole delicatezza e alla ricerca della verità sulla strage di Via D’Amelio.

La Procura di Caltanissetta ha rinviato a giudizio tre agenti della polizia per il depistaggio delle ricerche. Il processo preliminare non è stato ancora stabilito. L’udienza è stata chiesta per il dirigente di polizia Mario Bo, che è già stato indagato per le stesse vicende e che poi ha riscosso l’archiviazione, e per i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Per tutti e tre l’imputazione è di calunnia in concorso.

Chi sono Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei

Mario Bo è il dirigente di polizia che apparteneva al gruppo di La Barbera che condusse le indagini sulla strage di Capaci. I poliziotti Ribaudo e Mattei erano appartenenti alla medesima associazione investigativa. Il trio avrebbe preparato una verità di fondo sull’attentato del 19 luglio 1992 e obbligato il falso pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi di innocenti.

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