Ieri, 10 Aprile 2018, il CEO di Facebook – Mark Zuckerberg – si è presentato davanti al Congresso USA, riunito a Capitol Hill, per relazionare in merito allo scandalo Cambridge Analytica e spiegare come intenderà affrontarlo, a suon di iniziative che contempleranno anche progetti di ricerca, taglie per il rilevamento di falle, e versioni a pagamento del social.
Zuckerberg, nel ricordare quanto già è stato fatto per combattere la disinformazione, con la chiusura di diversi account che avevano interferito con le elezioni in diverse occasioni, si è scusato assumendosi tutte le responsabilità per l’affaire Cambridge Analytica. Nel contempo, però, è partito all’attacco enunciando alcune delle iniziative calendarizzate per il futuro, sia in termini di privacy che di fake news.
Per contrastare la circolazione di false notizie, verranno condotti anche degli studi indipendenti. Dei ricercatori terzi proporranno delle aree di ricerca, in relazione a come i social influiscano sulle elezioni e, in caso di approvazione, potranno condurre i loro studi contando sui dati forniti da Facebook, ed i fondi messi a disposizione da 7 famose agenzie no-profit: i dati delle ricerche, non soggetti ad alcuna approvazione o consultazione preventiva da parte del social, saranno comunque utili a Menlo Park, sia per capire come Facebook potrebbe impattare sulle prossime consultazioni in Brasile, Messico, USA (midterm), ed India, sia per imparare a prendere più rapidamente migliori decisioni in base ai consigli degli esperti in questione.
Sul versante più pratico, ma meno prossimo in linea temporale, va registrata anche l’ipotesi (già accennata nei giorni scorsi dal direttore operativo Sheryl Sandberg) di una versione a pagamento di Facebook come forma di tutela della privacy degli utenti. Il senatore repubblicano (dello Utah) Orrin Hatch, infatti, ha chiesto a Mark se questi intendesse ancora mantenere gratis il suo social, ottenendo la risposta – sibillina – che vi sarà sempre una versione free di Facebook onde poterne offrire i servigi anche a chi non può permettersi di pagare. Pagare per cosa? Semplice, perché l’uso delle funzionalità della piattaforma avvenga dietro la corrispondenza di un abbonamento, anziché in base all’uso dei dati personali.
Ancora in ambito privacy, il CEO di Facebook ha comunicato – come poi confermato dal suo social via NewsRoom – il varo del programma “Data Abuse Bounty” che, in parallelo con l’analogo programma per scovare i bug, premierà con incentivi da 500 sino a 40 mila dollari coloro che per primi scoveranno falle nella difesa della privacy degli utenti del social. Le problematiche, corredate da prove a sostegno, comprenderanno diverse fattispecie (tra cui chi raccoglie o ruba illecitamente i dati degli utenti, chi li trasferisce su piattaforme di terze parti senza autorizzazione, o chi li elabora a scopo di condizionamento politico o di scam) e dovranno riguardare – come impatto della falla (ancora non nota a Facebook) – più di 10 mila potenziali vittime: in caso di riscontro positivo, erogato il premio, il social si rivarrà – tramite azioni legali – contro i colpevoli (chi estorce, vende o compra i dati), bloccherà le eventuali app coinvolte, ed avviserà gli utenti della violazione.
A tal proposito, gli utenti di Facebook – oltre alle notifiche partite già da lunedì – potranno contare su uno strumento di verifica personale (“Come posso sapere se le mie informazioni sono state condivise con Cambridge Analytica?”) già messo online e disponibile nel “Centro di Assistenza” del network: avvalersene è molto facile dacché, appena entrati, si verrà accolti da un tranquillizzante “In base alle nostre informazioni, tu e nessuno dei tuoi amici si sono registrati a This Is Your Digital Life (l’app dello scandalo Cambridge Analytica)” qualora non si risulti tra le 214 mila vittime italiane degli oltre 87 milioni di account le cui informazioni sono state indebitamente carpite.