Anchorage, città dell’Alaska che si affaccia sulla Baia di Cook è stata colpita da un forte terremoto. Il sisma, calcolato di magnitudo 8,2 gradi della scala Richter, ha fatto tremare il golfo dell’Alaska insinuando anche la paura di uno tsumani sulle coste dell’Alaska e della Columbia britannica. L’epicentro è stato subito localizzato a 278 chilometri a sud-est di Kodiak, a 10 chilometri di profondità nell’isola che porta lo stesso nome della città: Kodiak.
Una prima lettura dei dati da parte dell’istituto geologico americano Usgs aveva riferito un’intensità pari a 8,2 gradi della scala Richer, carte in regola per prevedere il peggio: uno tsunami. Poi rileggendo con attenzione i dati, i valori di magnitudo del terremoto sono stati abbassati e portati ad un’intensità di 7.9 della scala Richter.
Secondo il Centro allerta tsunami del Pacifico (Ptwc), la rilettura della soglia di rischio tsumani si è sufficientemente abbassata e ha reso noto che non esiste alcun rischio in tutto il Golfo dell’Alaska. Interessate all’allerta tsumani erano le coste dell’Alaska e quelle della provincia canadese della Columbia britannica.
Solo poche ore prima le autorità dell’isola di Kodiak temendo che ciò potesse accadere avevano invitato la popolazione ad allontanarsi dalle zone costiere perché con facilità si sarebbero potute verificare delle inondazioni e le forti correnti avrebbero potuto causare gravi pericoli per le imbarcazioni.
Lo tsumani è un termine abbastanza moderno, risale al 26 dicembre 2004, quando un maremoto colpì la parte sud-est dell’Asia causando almeno 230.000 morti, numerosi feriti e lasciando intere famiglie senzatetto. In quell’occasione il termine si diffuse nell’uso giapponese di ‘tsumani’. Da allora quando il termine ‘tsumani’ torna, incute paura. In ordine di gravità, nel 2011 un terremoto di magnitudo 9 ha provocato una serie di tsunami che con la loro irruente forza hanno devastato il Giappone e le zone vicine.