A Napoli, lo psicologo Giovanni Caputo continua ad aiutare i bambini autistici con una terapia basata sull’acqua. Tutto è cominciato con Maria Gioia. Quando Giovanni l’ha presa in terapia, lei aveva appena sedici anni e lui, studente di Psicologia alla Seconda Università degli Studi di Napoli, solo quattro anni in più. È stata la prima paziente autistica presa in carico. Responsabile dell’affidamento fu il suo amico e collega di corso, Giovanni Ippolito: “Prova con l’acqua“, lo esortò, “sto sperimentando un metodo che mi sembra dia buoni risultati“.
Maria Gioia era chiusa in se stessa, e spesso presentava degli atteggiamenti aggressivi, come sovente capita alle persone affette da questo grave disturbo dello sviluppo. Picchiava sua madre, che era stanca e angosciata. Ma, piano piano, l’acqua ha sensibilmente alleviato questa situazione.
Giovanni l’ha portata nella piscina comunale e lei, per paura, quando ha sentito che i piedi non avevano più appoggio, gli si è subito aggrappata addosso con forza. Tuttavia, quella sponda necessaria, giorno dopo giorno, è diventata un contatto cercato, un momento di fiducia e condivisione. Il modo per abbattare una corazza emozionale, scivolata rapidamente sul fondo della piscina.
Terapia in piscina
Da quel giorno sono passati ben diciotto anni. Oggi i ragazzi autistici che seguono la “Tma (terapia multisistemica in acqua) metodo Caputo-Ippolito“, come è stata definita per la prima volta nel 2008 nel volume pubblicato dai due psicologi per Franco Angeli, sono più di 4000 in tutta Italia. Giocano, si divertono e combattono contro le loro barriere mentali in un ambiente per sua natura vitale e accogliente.
Allo stesso tempo sono in grado di sperimentare dei modelli di relazione che, con grande successo, replicano poi anche fuori dalla piscina. Seguiti dai terapeuti formati dai due psicologi ideatori di questa terapia, nuotano in 160 piscine sparse su tutto il territorio nazionale. Tutte rigorosamente pubbliche.