Il 15 Ottobre scorso, le elezioni politiche svoltesi in Austria hanno certificato la vittoria dei conservatori che, sotto la direzione del giovane Sebastian Kurtz, avevano rotto la passata alleanza coi socialdemocratici del premier uscente, Christian Kern, portandone la maggioranza alla crisi ed alle conseguente elezioni. Assieme al partito conservatore, a vincere le elezioni è stato anche il Fpoe, il partito dell’ultra destra di Heinz-Christian Strache, che – nel nuovo esecutivo – ricoprirà il ruolo di vice-premier, con una particolare attenzione verso gli altoatesini…
Dopo una lunga serie di consultazioni il 31enne Kurtz, designato premier della repubblica austriaca, ha sciolto le riserve e annunciato un governo “turchese-blu”, col nemico-amico Strache, che gli farà da braccio destro. Il nuovo esecutivo ha già giurato al palazzo presidenziale di Vienna, davanti al presidente della Repubblica, l’economista verde Alexander Van der Bellen, al quale è stato promesso che l’impegno per un Europa solidale non mancherà, e che – almeno nei prossimi 5 anni – non vi sarà alcun referendum per l’uscita dell’Austria dall’Europa: ciò nonostante, dove possa pendere la politica del vicino viennese è abbastanza chiaro.
Secondo alcuni rumors, al Fpoe dello scomparso Haider dovrebbero andare dicasteri chiave, come Interni, Esteri, e Difesa, con conseguente impatto sulla politica interna ed estera, contrassegnata da un irrigidimento delle politiche sull’immigrazione, da una maggiore presenza della polizia per le strade (entro il 2020), e da un inasprimento delle pene per violenze e crimini sessuali. Oltre a qualche punto caro ai conservatori di Kurz, come l’ottimizzazione delle spese, in modo da poter abbassare le tasse per tutti i cittadini.
Cittadini i quali, nelle medesime ore in cui il nuovo governo entrava in vigore, hanno dimostrato in massa nelle piazze, temendo una deriva autoritaria del loro paese, e gridando slogan forti contro l’entrata nella maggioranza dei populisti accusati di simpatie neo-naziste. Di certo, le prime dichiarazioni dell’Fpoe non sono rassicuranti: un suo esponente, il parlamentare Werner Neubaur, depositario del dossier relativo all’Alto Adige, ha dichiarato che – entro il 2018, o i primi mesi del 2019 – verrà concessa la cittadinanza austriaca ai cittadini italiani altoatesini (ed ai loro figli) che si siano dichiarati di lingua tedesca all’ultimo censimento. Ciò dovrebbe avvenire gratuitamente, onde non gravare sulle famiglie, e potrebbe consentire agli atleti altoatesini di gareggiare per le nazionali austriache.
I primi commenti, in merito, non si sono fatti attendere. Il paraolimpico bolzanino Florian Planker ha dichiarato che la questione non gli interessa, dacché i confini andrebbero bene così come sono, mentre gli stessi consiglieri della provincia di Bolzano, che avevano chiesto la doppia cittadinanza a Vienna nei mesi scorsi, hanno commentato l’eventuale concessione della medesima come un “atto riparatore” verso quei sudtirolesi che, in seguito all’annessione della regione all’Italia, persero – contro volontà – la cittadinanza austriaca.
Più ondivaga è stata la somma di dichiarazioni del presidente della provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, che – nel fare gli auguri ai cugini d’oltreconfine – si è prima detto sicuro che Vienna proseguirà una politica atta ad unire e non a dividere, e – in seguito – si è detto grato all’Austria per la tutela che eserciterebbe a garanzia dell’autonomia dell’Alto Adige, auspicandosi un incremento nelle collaborazioni transfrontaliere. Decisamente preoccupate, infine, appaiono le istituzioni europee, con il presidente dell’europarlamento, Antonio Tajani, pronto a parlare di mossa nient’affatto distensiva, ed il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, che ha definito il “passaporto etnico” e la “cittadinanza su base etnica” come latori di effetti potenzialmente gravissimi per alcuni territori europei, i Balcani in primis.