I delitti del Mostro di Firenze sono la pagina più nera, inquietante, della cronaca italiana degli ultimi 50 anni: mezzo secolo trascorso fra indagini, perizie, morti sospette, processi, appelli, storie a corollario ambigue e incomprensibili. Pietro Pacciani, morto il 22 febbraio del 1998, condannato in primo grado, venne assolto in appello in attesa di un nuovo rinvio a giudizio: il suo avvocato Rosario Bevacqua, in un’intervista, disse che l’esame del DNA è determinante per le inchieste sui delitti irrisolti e del resto 3 degli 8 duplici omicidi del Mostro sono senza un colpevole, la verità storica potrebbe proprio giungere da tali analisi.
Il 5 ottobre 1985 i carabinieri consegnarono alla sezione di Medicina Legale di Firenze un reperto che incredibilmente, come in un film, pare la chiave per confermare o sovvertire, le certezze sulla vicenda del mostro di Firenze. In una stanza blindata vi sono decine e decine di faldoni coperti di polvere, che solo Giuttari ha letto per intero, quel piccolo reperto venne rinvenuto durante il riesame processuale.
In un’anonima busta bianca giaceva un “fazzolettino di carta intriso di sangue con un capello” recuperato durante i sopralluoghi agli Scopeti. Un signore, W.D.B., residente a Prato, con la sorella e il fidanzato di lei, era andato agli Scopeti per una passeggiata macabra il giorno dopo l’omicidio: il suo cocker, strattonò il proprietario, si inoltrò in un cespuglio ove trovò quel fazzolettino, dei capelli e dei guanti da chirurgo.
Consegnarono i reperti ai carabinieri che li presero in carico. Il fazzoletto venne depositato presso la Medicina Legale di Firenze nelle mani del professor Riccardo Cagliesi che il 7 novembre 1985 depositò, in 13 pagine, la sua relazione: il materiale era sangue umano di gruppo B, il frammento pilifero era un capello umano. Il medico aveva sentenziato che il sangue non potesse appartenere alle vittime francesi perché Nadine era di gruppo A e Jean Michel di gruppo 0 ma neppure a Pacciani gruppo 0.
Quel reperto recapitava il materiale genetico di un assassino. Il capello ritrovato è lungo circa 2 centimetri, di colore castano, liscio, provvisto di cuticola a scaglie sottili: sotto un’unghia di Stefano Baldi, ucciso con la fidanzata Susanna Cambi nel 1981, furono rinvenuti 2 capelli castani, la donna stringeva un ciuffo di capelli in una mano. Nel 2004 l’analisi del DNA non venne eseguita: finalmente l’esame è stato fatto, attendiamo ansiosi i risultati.