Le bambine nigeriane fatte prostituire in Italia arrivano sui barconi

La richiesta di minorenni è in aumento, la criminalità organizzata recluta bambine nei poveri villaggi nigeriani per accontentare le richieste: giungono in Italia mischiate con gli altri profughi, mentendo sulla loro età.

Le bambine nigeriane fatte prostituire in Italia arrivano sui barconi

Le organizzazioni criminali esigono ragazze sempre più giovani, il mercato del sesso chiede bambine. Sulla via Domiziana, variante delle via Appia, si assiste giornalmente ad una vetrina di ragazzine e bambine nigeriane, una terribile, agghiacciante realtà reiterata ogni giorno: in questa zona, in concomitanza con gli sbarchi dei migranti, aumentano il numero di minorenni.

Storie spesso similari; vengono reclutate in Nigeria, nei villaggi, alcune credono di venire in Italia per trovare un lavoro o per studiare, altre sono vendute dalle famiglie e sanno perfettamente che giungeranno nel nostro Paese per prostituirsi. Il viaggio che sopportano è terribile, arrivano in Libia, dove spesso vengono violentate, numerose volte, i trafficanti di esseri umani le mettono sui barconi. Il loro debito di viaggio va dai 35mila a 55mila euro, diventano schiave monitorate delle madame per potere estinguere tale cifra.

Giovanni Izzo, un fotografo, da mesi settaccia la Domiziana segnandosi i numeri delle ragazze minorenni da segnalare agli operatori sociali: ha salvato una ragazzina di 14 anni, un operatore nigeriano l’ha convinta a seguirlo nella struttura di accoglienza a Castelvolturno, dove tutt’ora vive. La sua storia può essere il manifesto dello scempio in atto: “Sono arrivata in Italia senza sapere nulla, mi hanno detto che dovevo pagare un debito e per questo dovevo prostituirmi. Ma io non volevo, non ero mai stata con un uomo. Io ho 14 anni. Così mi hanno fatto violentare da più persone, anche utilizzando degli oggetti. Stavo male, sanguinavo. Mi hanno curato sotto una doccia con il sale. Poi mi hanno messo sulla strada”.

Alla polizia aveva detto di avere 23 anni anche se guardandola era facile comprendere realtà: dopo alcune ore ha confessato agli operatori di avere 14 anni, quasi 15. Viveva in una cantina, priva di bagno, un solo materasso con un peluche. E’ arrivata a Lampedusa dalla Libia dopo essere stata reclutata nel suo villaggio a Benin City. La famiglia era troppo povera, doveva partire. La madame durante il viaggio le aveva detto che avrebbe dovuto restituire 35 mila euro per il viaggio.

Confessa che in Libia è stata continuamente picchiata: giunta in Italia è stata portata al centro di accoglienza di Castelvolturno e da lì è incominciata l’odissea, l’hanno messa su una strada per prostituirsi. Un’amica le ha insegnato i primi rudimenti, l’hanno violentata tre volte, è stata derubata, non ha reso niente del suo debito. La paura, dice, la paralizza. 

Un’indagine appena conclusa ha portato alla luce una barbara consuetudine: quando le ragazzine sono vergini, vengono fatte violentare. Andrea Morniroli, della cooperativa sociale Dedalus, spiega che molte di queste ragazze non arrivano più con le tratte, sono confuse sui barconi, nei flussi dei profughi richiedenti asilo. Anche Sergio Serraino di Emergency Castelvolturno è certo che vi sia un’efficiente strategia dei trafficanti che prelevano le ragazzine nei villaggi per metterle sui barconi. L’operatore sociale Agostino Trinchese ha detto: “Sul litorale domizio vediamo tante bambine che subiscono violenza dalla mattina alla sera per estinguere loro debito  e sono vittime della loro stessa gente. Qui la mafia nigeriana è molto radicata e le organizzazioni muovono le ragazze liberamente”. 

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