Il documentarista Alberto Cicala, residente da anni in Nigeria, sentenzia con decisione che rimpinguare le casse degli Stati africani non estinguerà la migrazione, e che si rivelerà l’ennesimo buco nell’acqua. Conosce bene i nigeriani, i loro pregi e le loro debolezze, la tendenza alla simulazione: è titolare di due onlus dal medesimo nome (“Mater Africa”), una in Africa, una in Italia, impegnate nella sensibilizzazione delle problematiche che affliggono il paese tramite l’attività documentaristica.
Cicala non accetta le parole di Renzi, aiutiamoli a casa loro, dettate dall’assoluta non conoscenza del territorio. In una frase racchiude il proprio pensiero: “Si vive nel medioevo con la tecnologia di oggi“. Descrive una realtà estremamente degradata: molti abitano in capanne bevendo acqua fangosa, sovente malati di salmonellosi e malaria, dispongono però tutti di un cellulare, e guardano la tv satellitare, principalmente italiana, senza audio perché non comprendono la lingua.
Il sogno nasce proprio da quelle immagini paradisiache: verde, bellezza, persone ben vestite. La sera i giovani si ritrovano tutti in immense balere popolate da trafficanti di uomini che li avvicinano dicendo: “Hai finito la scuola? Vuoi fare studi migliori? Ti portiamo in Italia dove è tutto gratis, si fa la bella vita, e hai il permesso di soggiorno in sei mesi. Ti spiego io come fare e dillo pure ai tuoi fratelli e sorelle“.
Cicala afferma che l’organizzazione per giungere in Italia è efficiente, un suo conoscente pagando 3.000 dollari, dopo 15 giorni era arrivato a destinazione: il documentarista sostiene che le stragi nel deserto, i 10.000 dollari per un viaggio dove verranno uccisi, non sono sempre veritiere. Prima della partenza, avviene il rito propiziatorio juju, le ragazze che emigrano per prostituirsi fanno quel malefico voodoo affidandosi al destino. I bambini vengono ceduti per 200 euro, i familiari di chi parte in cerca di fortuna chiedono solo una cosa, l’invio di denaro una volta giunti a destinazione.
I container della Caritas – carichi di vestiti, cibo e beni – vengono depredati da organizzazioni criminali appena giunti sulla banchina, la merce viene rivenduta ai negozi: sentenzia che la medesima fine toccherebbe ai soldi europei, e i poveri nigeriani non avrebbero niente. L’autorità esiste solo sotto forma di burocrazia asfissiante: Cicala ha ottenuto la residenza dopo due anni e, per ottenere qualsiasi documento, occorre pagare inviando il denaro direttamente sul conto corrente del funzionario di turno. Nella foresta, il documentarista ha fatto una scoperta sconvolgente: ha trovato uno splendido ospedale finanziato dall’UE abbandonato da anni (avevano costruito solo un piano, per far vedere l’inizio dei lavori, e sedare i controlli).
Cicala afferma che i finanziatori dovrebbero andare in loco e monitorare il corretto impiego dei fondi: gli stessi nigeriani lo desiderano, perché sanno perfettamente che la corruzione dilagante fagocita ogni finanziamento.
Racconta una storia paradigma dello spreco: in Nigeria, lo stato è repubblicano ma ogni villaggio ha un proprio re che abita nella casa più bella, spesso di lamiera, i duchi sono i suoi figli e hanno deleghe speciali. Un duca chiese aiuto al documentarista, visto che i sudditi del suo villaggio stavano male, e si chiedeva perché quell’ospedale nella foresta non fosse mai stato completato: Cicala riuscì ad attivare un’interrogazione a Strasburgo che si concluse con un “non sono più affari dell’UE“. Il duca lo ringraziò caldamente per l’interessamento. “Conservo un suo attestato sigillato con l’impronta del pollice“, ha commentato Cicala.